di Grazia Garlando
Che il Salento sia una terra ricca di piccoli centri-gioiello, di un mare incredibilmente cristallino, di tradizioni suggestive di antica memoria, si sa fin troppo bene. Pochi però conoscono la sua parte più settentrionale, meno protagonista del turismo di massa e delle pagine dei giornali.
Così mi è venuta voglia di allargare le solite vedute, e ho puntato sulla zona di Carovigno e delle quattordici antiche torri che la caratterizzano, edificate intorno al 14° secolo tra borghi e campagne a scopo difensivo contro le incursioni dei nemici. E ho scoperto un mondo di storia e tradizioni, di arti antiche e tipicità gastronomiche più vive che mai che la rendono veramente molto speciale.
Si trova tra la Val d’Itria e l’Alto Salento, a 25 km da Brindisi, in cima a un colle ma a soli 6 km dal mare. La prima immagine che mi arriva è il bianco quasi abbagliante delle case del piccolo centro storico di origine messapica, dovuto al colore della calce servita da sempre a mantenerle fresche e salubri. Un dedalo fascinosamente fatiscente di graziosi cortili e vicoli stretti lastricati di “chianche” (tipica pietra bianca), che servivano a rendere più difficoltosa l’invasione del paese da parte dei nemici. Mi imbatto nella trecentesca Chiesa Madre, caratterizzata dal rosone minuziosamente merlettato posto su un lato invece che, come di consueto, sulla facciata principale: lavori di ampliamento costrinsero infatti, per mancanza di spazio, ad allargarla invece che allungarla, spostandone l’ingresso lateralmente. Poi, arrampicandomi su un’angusta scalinata di pietra, salgo in vetta alla Torre dell’Orologio sulla piazza principale, che, azionato da un raro meccanismo meccanico, scandisce da sempre al suono di una sirena orari e vita cittadina. E raggiungo il maestoso Castello Dentice di Frasso, ex fortezza normanna diventata, col tempo, dimora privata della nobile famiglia da cui prende il nome, che lo abitò fino al 1961: è caratterizzato dalla Torre a mandorla simile alla prua di una nave con la punta rivolta verso il mare, che serviva a deviare i colpi di arma da fuoco sparati dai nemici. Mi raccontano che tra queste mura aleggia dal 1600 la presenza di una bimba che andò incontro a una triste sorte…Ma io avverto solo un irresistibile profumo di taralli pugliesi e pane fresco che arriva dall’antico forno a legna d’ulivo situato da sempre nella vicina Torre Gironda: alcune di queste, infatti, hanno ripreso vita, ad esempio come masserie, aziende agricole, spazi espositivi o locali notturni, mentre altre sono abbandonate.
Del resto qui le tentazioni del palato non sono poche: dal pomodoro Fiaschetto presidio Slow Food, alle paste della zita, dolcetti di pasta di mandorle che gli sposi regalano ai matrimoni insieme alla bomboniera e sempre in numero dispari. Così non resisto all’idea di mettere le mani in pasta, e seguendo le indicazioni delle espertissime titolari della Masseria Carrone che si tramandano quest’arte tipica da generazioni, provo a cimentarmi nella produzione manuale di orecchiette e taralli: impasto e maneggio, cercando di carpire i segreti che stanno tutti nelle dosi e nella manualità. Sento che con un po’ di tempo potrei affinare la mia tecnica con discreti risultati, ma purtroppo non mi posso fermare a lungo. A qualche chilometro da lì, immerso nel silenzio della campagna, mi aspetta il suggestivo complesso del Santuario e Grotte di Belvedere, dedicati alla Santa Vergine protettrice di Carovigno, e legati all’antica e vivissima tradizione popolare della Nzegna, festa religiosa e folcloristica che incarna il profondo culto mariano locale e ha luogo la settimana dopo Pasqua. La celebrazione include anche gli spettacolari show acrobatici degli sbandieratori, accompagnati dai ritmi di piffero, cembalo, grancassa e tamburo che qui si imparano a suonare fin da piccoli. E che sono protagonisti anche nel battere il ritmo forsennato della pizzica, la vorticosa danza salentina per eccellenza che tiene banco in ogni occasione di intrattenimento popolare. Assisto a ognuna di queste esibizioni, e quando qualcuno prova a coinvolgermi capisco subito che non c’è niente di improvvisabile in loro: sono vere e proprie arti, che nascono dall’anima e dall’appartenenza a questa terra forte e sanguigna, piena di carattere e di personalità. Che profuma di ulivi grazie ai tanti esemplari secolari che la puntellano regalandole l’appellativo di Piana degli Ulivi, e che conducono via via fino al mare.
Così, dopo una deviazione al Castello di Serranova nell’omonima borgata, che dietro le mura coperte di bouganville custodisce un’altra delle celebri torri e oggi è una masseria fortificata specializzata nella produzione di vini, mi dirigo verso la costa, alla ricerca delle uniche due torri che si affacciano sul mare. La pianta stellare e la corona merlettata di Torre Santa Sabina, situata proprio in riva, dominano il vivace e omonimo porticciolo turistico, pullulante di locali, mercatini e pescatori che vendono pesce freschissimo direttamente sul lungomare. Mentre nella riserva naturale terrestre e marina di Torre Guaceto spicca la possente Torre Maestra aragonese, l’unica a vedere tutte le altre grazie alla sua posizione che consente una vista a 360°. Un posto inimmaginabile, con i suoi otto chilometri di sabbia, dune e scogli, macchia mediterranea e paludi, stagni e canneti, fino alle colline semisommerse dal mare dove un tempo sorgevano villaggi preistorici e di cui ora si vede solo la sommità. In stagione si organizzano snorkeling e lezioni di vela, escursioni in bici e in barca, visite al centro di recupero delle tartarughe marine. Fuori stagione parla solo la natura. E incanta.
Dove dormire: alla centralissima Dimora dell’Osanna di Carovigno, B&B di gran charme in un ex convento cinquecentesco con ottima colazione a base di dolci tipici locali tra cui gli irresistibili Pasticciotti, assolutamente da non perdere.
Dove mangiare: pesce freschissimo al Reverse Hotel Restaurant vicino a Torre Guaceto, cucina tradizionale rivisitata con arte ai ristoranti Casale Ferrovia e Creatività di Carovigno.
Dove degustare e comprare prodotti tipici di produzione propria: pomodoro Fiaschetto e olio extravergine d’oliva all’Azienda Agricola Calemone, taralli, focacce e panfrisè al Panificio Lu Scattusu, olio extravergine d’oliva, farine e pasta all’Azienda Agricola Macchia Grande.
C’è un pezzetto di Sicilia di cui, turisticamente, si parla poco. Ed è un vero peccato. Perché di ricchezze ne ha da vendere: mare e natura, storia e cultura, borghi gioiello e terme naturali. È quello che si trova all’estremità nordoccidentale dell’isola intorno alla provincia di Trapani, noto anche come la Terra degli Elimi dal nome dell’antichissimo popolo di origine italica che la abitava. E che, secondo l’ipotesi più accreditata, avrebbe dato origine al popolo dei Siculi.