Il viaggio più incredibile di tutti i tempi. In quella vita ultraterrena misteriosa e illuminante, che al tempo stesso attrae e intimorisce, respinge e ammalia, perché connotata dall’eternità più solenne.
È quello stupefacente e senza tempo di Dante Alighieri. Che infatti non accenna ad arrestarsi, stagione dopo stagione, nei teatri italiani con La Divina Commedia Opera Musical. Ripartendo, infatti, oggi stesso dal Teatro La Fenice di Senigallia, per poi approdare al TAM Teatro Arcimboldi di Milano (dal 30 gennaio al 4 febbraio), al Brancaccio di Roma, all’Alfieri di Torino e al Politeama di Catanzaro.
Un kolossal ad altissimo impatto, che trasuda potenza e bellezza nei suoi scenografici quadri scenici. Fatti di coreografie acrobatiche, proiezioni immersive in 3D, musiche orchestrali, luci e costumi. Dominati da sapienti effetti tecnologici che sono elemento essenziale della narrazione, scandita dalla voce di Giancarlo Giannini e diretta da Andrea Ortis (anche interprete di Virgilio). E tra i quali scorrono le storie eterne di personaggi comunque immortali come Virgilio e Francesca da Rimini, Ulisse e Pier delle Vigne, il conte Ugolino e Pia de’ Tolomei. Accompagnando il passaggio tra dannati e beati di un Dante Alighieri raccontato nella sua più profonda umanità, come un uomo dei nostri tempi.
Un Dante umano nel suo viaggio ultraterreno
“L’intento è proprio quello di raccontare un Dante Alighieri estremamente umano, non il sommo poeta ma semplicemente l’uomo – conferma Antonello Angiolillo che ne veste i panni -. Che piange di dolore e di gioia nell’assistere a quanto passioni e debolezze, miserie e amore, vizi e virtù, paure e ossessioni dell’esistenza precedente segnino il passo con quella ultraterrena. E vacilla sul senso della vita fin quasi a perderlo, proprio come di questi tempi pare accadere sempre più spesso. Un Dante molto simile agli spettatori in sala, dunque, disposto a concedersi in tutte le sue fragilità. In un potente racconto dell’animo umano capace di toccare impetuosamente anche le mie stesse corde emotive, lasciandomi a fine spettacolo profondamente affaticato. Proprio io, abituato a non fermarmi mai perché raramente avverto il senso di stanchezza”.
“Beatrice è infatti il motore che lo spinge ad affrontare coraggiosamente una prova estremamente significativa per poterla finalmente raggiungere e vedere. Alimentando tutta la forza che lui già possiede dentro di sé, con quella fede interiore che si esprime via via durante il viaggio attraverso ogni persona che incontra e in cui si rispecchia, per poter infine ritrovare se stesso – sottolinea la sua interprete Myriam Somma -. Proprio come può accadere a chiunque nella vita, prefiggendosi uno scopo per compiere tutto il dovuto, anche se difficile, percorso. Con la consapevolezza di avere in sé tutti gli strumenti e le capacità. Ma anche Beatrice possiede un calore umano capace di renderla vera, concreta e costantemente presente, e non soltanto adrenalina per il viaggio di Dante”.
Un viaggio sublime che segue il Sommo Poeta nell’umana e tormentata ricerca di se stesso. Attraversando la dannazione eterna all’inferno, l’espiazione in Purgatorio e la luce del Paradiso dove lo attende Beatrice, il solo pensiero a cui si aggrappa nei momenti di grande sconforto. E che riempie di vita le potenti suggestioni della fantasia dantesca, quella sì eternamente immortale.
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