di Grazia Garlando
Diciamolo pure: a Cannes ci si va perché è glamour, frizzante e sfavillante. Perché a camminare sulla Croisette ci si sente un po’ protagonisti di un mondo luccicante fatto di ostriche e champagne, boutique lussuose e serate mondane. Non sapevo però che mi sarebbero bastati quindici minuti di traghetto per trovarmi catapultata in un mondo completamente opposto. Fatto di silenzio e di natura. Il mondo delle Îles de Lérins, due minuscole isolette che compongono l’arcipelago di Lerino, e che sembrano fatte apposta per prendersi una pausa dalla mondanità della città madre e rifugiarsi in un’atmosfera del tutto opposta. Sbarco al piccolissimo porto di Sainte Marguerite, la maggiore delle due isole nonostante i suoi soli 3 km di lunghezza e 1,5 di larghezza. Mi avvisano subito che potrò esplorarla soltanto a piedi: si tratta infatti di un’ex base militare, protetta e verdissima, dove non solo non possono assolutamente circolare auto e scooter, ma neppure le biciclette. Ma mi tranquillizzano: in un paio d’ore l’avrò visitata in lungo e in largo, e senza neppure affannarmi troppo. Inizio a incamminarmi attraverso una stradina colorata dalle bouganvilles e profumata dagli oleandri, imbattendomi qua e là nelle case dei circa dieci abitanti che la popolano, e negli unici due ristoranti presenti. Nessun albergo, nessun negozio. Niente insomma che possa trattenere i turisti più a lungo di una giornata di mare e di cultura. Non era così al tempo degli antichi romani, che ci avevano fatto addirittura le terme, di cui purtroppo non sono rimaste tracce. Quello che invece è rimasto è il monumentale Fort Royal, una maestosa cittadella fatta edificare dal cardinale Richelieu nel XVII secolo, affacciata sul mare con una vista spettacolare. All’interno, un insieme di edifici, stradine e grandi piazze con gli antichi pozzi al centro, dall’aspetto fatiscente ma ancora ben conservati. Ma totalmente disabitata, in un silenzio irreale che ammalia (anche se gruppi di giovani e associazioni possono alloggiare occasionalmente nei suoi dormitori). Per un attimo ho la sensazione di trovarmi in un paese fantasma, e forse un po’ è proprio così. Perché a questo punto ci si mette anche la leggenda. L’unico edificio dove c’è gran movimento è infatti la vecchia prigione di stato. Dove per undici anni fu rinchiusa la celeberrima Maschera di Ferro, il misterioso personaggio reso celebre da Voltaire e da Dumas, la cui identità è da sempre avvolta nel mistero a causa della maschera che impediva a chiunque di vedere il suo volto. La leggenda racconta che si trattasse nientemeno che del fratello gemello di Luigi XIV, proprio colui che lo fece imprigionare qui. Tant’è che in quella cella adesso completamente spoglia, noto effettivamente qualcosa che la rendeva un po’ più confortevole delle altre: i resti di un bagno rudimentale, di un caminetto e di alcuni affreschi che decoravano le pareti. Pare che all’epoca ci fossero anche mobili, tendaggi e tappeti. Chissà…
Nell’altra ala dell’edificio ha sede invece il piccolo Museo del Mare, costruito sulla fondamenta delle vecchie cisterne romane ancora visibili. Raccoglie tutto quanto è stato trovato nei fondali in tempi antichi a testimonianza di una vivace attività commerciale: una quantità di anfore e parecchi generi di consumo, come nocciole, datteri, olio e farina. Va da sé che non siano certo gli originali! Lascio il fascinoso Fort Royal e mi dirigo verso la parte più green dell’isola. Mi addentro tra i boschi di pini e eucalipti popolati di farfalle e cinghiali, sbuco su incantevoli spiaggette rocciose orlate da pini marittimi, e mi ritrovo allo stagno di Batéguier con la sua riserva ornitologica che accoglie tante specie di uccelli migratori, e per questo méta prediletta di tanti bird watchers. Poi, dietro l’ennesima curva, la sorpresa: da un lato mi trovo affacciata su Cannes, mentre dall’altro compare l’altra isola dell’arcipelago, Saint Honorat, un lembo di terra lungo e stretto, addirittura tre volte più piccolo di Sainte Marguerite. Purtroppo le due isole non sono collegate tra loro. Mi tocca tornare a Cannes e riprendere il traghetto, ma non resisto alla curiosità di visitare anche questa. Tanto, mi dicono, in mezz’oretta l’avrò percorsa tutta. Perché a parte un ristorante turistico, c’è soltanto un imponente monastero con annessa la medievale Abbazia di Lerino. E tanta, tantissima vegetazione fatta di pini marittimi e domestici. Altri quindici minuti di mare ed eccomi su questa minuscola isola privata, di proprietà dei cistercensi fin dal IV secolo d.C. Ci vive una comunità di ventidue monaci, che producono liquori e vini bianchi e rossi grazie a ben sette ettari di vigne. E che poi vendono a prestigiosi hotel e ristoranti francesi, oltre che, così si dice, perfino ai palazzi di governo. Anche qui, ovviamente, regna la tranquillità più assoluta, tanto che chi ha voglia di trascorrere qualche giorno di raccoglimento e ritiro può anche dormire nella foresteria del monastero, e condividere la vita e l’attività quotidiana dei cistercensi. Un giro nei boschi, e l’isola è già finita. Torno a Cannes e mi fermo a mangiare un’insalata nizzarda con un buon bicchiere di vino rosè in un localino sulla spiaggia. Il sole sta tramontando e il lungomare brulica di vita e movimento. Ma io oggi, al di là del mare, ho scoperto la sua seconda anima. Quella intima che vive ugualmente di luce intensa. Anche senza sfavillare.
Come arrivare: con i traghetti Horizon, Trans Cote d’Azur e Riviera Lines, ogni mezz’ora da Cannes, euro 13,50 a/r Dove mangiare: A Sainte Marguerite nei due ristoranti sul mare La Guerite e L’escale; a Saint Honorat al ristorante La Tonnelle, che propone anche vini e liquori dei monaci
di Grazia Garlando
Un mare cristallino e gelido, una formazione geologica di enormi rocce e un’atmosfera davvero epica: è qui, nella baia pietrosa Petra tou Romiou sulla costa del Distretto di Pafos, che secondo la leggenda nacque Afrodite, dea dell’amore e della bellezza, emergendo magicamente dalla schiuma del mare. E così Cipro, l’antica Kypros, è da sempre, per tutti, l’isola di Afrodite, con il suo bagaglio di incanto e di dolcezza, i suoi profumi di orchidee e ciclamini, i suoi sapori di sesamo e cannella.
Terza in ordine di grandezza dopo la Sicilia e la Sardegna ma con poco meno di un milione di abitanti, Cipro è l’isola più orientale del Mediterraneo, a soli 75 km dalla costa turca quindi a un passo dal Medio Oriente. E dalle trendy località turistiche marine ai villaggi medievali arroccati sulle montagne, dalle città moderne ai siti archeologici, dai monasteri greco-ortodossi ai parchi naturali, offre davvero di tutto un po’, tra coltivazioni di patate e di banane, piante di mimosa a ogni angolo e deliziose gelatine di frutta.
Un’isola dalle tante usanze e tradizioni curiose, dove, nonostante le religione geco-ortodossa sia la più diffusa, il matrimonio in chiesa è consentito ben tre volte, i monaci non devono sposarsi ma i preti sì, e durante i funerali al cimitero si consumano pane, formaggio e olive nere, acqua e vino rosso; dove il retaggio del dominio britannico permane nella guida a destra e le autostrade sono gratuite; e che annovera tra i suoi quasi settecento santi perfino san Mamas, protettore degli evasori fiscali.
Cipro, insomma, sorprende. A cominciare dal suo incantevole mare, il più pulito d’Europa. Perfetto per un luogo che offre ben trecento giorni di sole all’anno, dove la stagione balneare inizia a marzo per concludersi a fine novembre, e ottobre sembra essere addirittura uno dei periodi migliori. Le spiagge. Sulla costa orientale acque turchesi poco profonde e spiagge di fine sabbia bianca, che si fa più grigia nelle lunghe distese della costa meridionale, mentre a occidente tante le baie appartate e non frequentate dalla massa.
Spiagge delle quali ben 56 sono insignite della Blue Flag, simbolo di qualità ambientale della Foundation for Environmental Education (FEE) per lo sviluppo sostenibile di spiagge e marine, esaminando qualità delle acque, educazione e gestione ambientale, sicurezza e altri servizi. Splendide, per citarne qualcuna, Nissi Beach, Landa beach e Makronisos, nelle due principali località balneari, Protaras e, soprattutto, la vivacissima Agia Napa, cuore del divertimento estivo, che nulla hanno da invidiare alla riviera romagnola con il loro dispiego di negozi, caffè, ristoranti, sale giochi e locali notturni, oltre alle spiagge attrezzate nonostante sull’isola siano tutte libere, quindi esenti dall’obbligo di affitto di lettini e ombrelloni, disponibili comunque al prezzo popolarissimo di 2,50 euro a “pezzo”. Agia Napa vanta però proprio nel suo piccolo centro anche un monastero medievale dedicato a “Nostra Signora delle Foreste”, parzialmente scavato nella roccia e circondato da alte mura, con un antico sicomoro risalente a oltre 600 anni fa, e il Museo del Mare “Thalassa”, per diffondere la conoscenza del patrimonio marino isolano e il cui pezzo forte è una copia a grandezza naturale di una nave mercantile greca del IV secolo, affondata al largo della costa di Keryneia.
Meritano una menzione speciale anche la Governor’s beach, particolarissima spiaggia sabbiosa di campagna nei pressi della città di Limassol, e, a sud est, le maestose scogliere a picco sul mare di Capo Gkreko, parco forestale nazionale dove su acque trasparenti si protende solitaria la deliziosa cappella bianca e celeste di Ayii Anargyri.
Le altre località turistico-balneari dell’isola sono le cittadine di Pafos, con il suo vivace lungomare che sfocia nel piccolo castello ottomano affacciato sul mare, e Limassol, oltre alla più tranquilla Larnaka, la cui zona moderna si sviluppa intorno all’ampio lungomare “Phinikoudes” fiancheggiato da palme ed eleganti alberghi e locali fino all’antico castello, mentre il porticciolo turistico riunisce una piccola comunità di proprietari di yacht locali e internazionali; la città vecchia, invece, è dominata dall’imponente e raffinata chiesa bizantina di San Lazzaro, risalente all’inizio del X secolo e costruita sulla tomba (tuttora presente nella cripta, ma vuota) del santo, che dopo la resurrezione per mano di Gesù Cristo arrivò in città (l’antica Kition) nel 33 d.C. e ne divenne il primo vescovo ricoprendo la carica per quarant’anni, per poi diventarne il Santo Patrono. La chiesa sfoggia anche una splendida iconostasi in legno, intagliata in stile barocco e rivestita in oro, oltre a magnifiche icone bizantine. I Monti Troodos. La maestosa e verdeggiante spina dorsale dell’isola custodisce invece tesori di ogni genere, tra monasteri e chiese bizantine, passeggiate green a piedi, a cavallo o in bicicletta nel folto della foresta, borghi caratteristici come Prodromos, Pedoulas, Moutoullas, Kakopetria e, su tutti, il delizioso Omodos, tipico villaggio medievale di montagna che, con i suoi trecento abitanti raccolti tra alberi di arance amare e antiche presse del vino in legno e pietra, sfoggia sulla pittoresca piazzetta lastricata di antichi ciottoli il candido monastero Timiou Stavrou (ovvero della Santa Croce), dove, secondo la tradizione, è custodito come reliquia un brandello della corda con cui Gesù Cristo fu legato alla Croce. I siti archeologici. Ne è ricchissima la zona di Pafos, graziosa cittadina che dagli eleganti edifici neoclassici in collina degrada dolcemente fino al mare nella sua parte prettamente turistica, tanto che l’Unesco l’ha interamente dichiarata Patrimonio dell’Umanità. Ex capitale dell’isola all’epoca greca e romana, la culla di Afrodite esibisce le maestose Tombe dei Re (anche se nessun sovrano ha mai trovato sepoltura qui), vasta necropoli del periodo ellenistico e del primo romano affacciata sul mare e scavata nella roccia, con diverse tombe costruite a imitazione delle case dei vivi; i raffinati pavimenti romani a mosaico delle ville patrizie, come quelle di Dionisio, Teseo e Aion, raffiguranti principalmente scene della mitologia greca, scoperti per caso nel 1962 da un agricoltore che stava arando il suo campo e ora appartenenti all’Itinerario Culturale di Afrodite; l’Odeon di Pafos e la chiesa di Panagia Chrysopolitissa con annessa la basilica paleocristiana dell’itinerario della “Strada di San Paolo”, rotta culturale che ripercorre il cammino del Santo.
Più a sud, lo spettacolare sito archeologico di Kourion, importante città-stato nell’antichità dove gli scavi sono sempre in corso; tra tutti, particolarmente degni di nota il grandioso teatro greco-romano del II secolo a.C. che attualmente ospita spettacoli musicali e teatrali, gli splendidi pavimenti a mosaico delle antiche ville patrizie come la Casa di Eustolio, la Casa di Achille e la Casa dei Gladiatori, il Ninfeo consacrato alle ninfe acquatiche, e una basilica paleocristiana. Lefkosia, la capitale. Nota anche come Nicosia, la piccola capitale distribuisce i suoi 200.000 abitanti tra un moderno centro economico e commerciale che si snoda attorno a Ledra street, la principale via dello shopping cittadino, e un delizioso centro storico racchiuso all’interno delle mura veneziane con fossato e bastioni a forma di cuore, culla di una cultura antica di secoli.
Una pittoresca cittadella che si dipana tra palme e moschee, con le stradine strette della zona pedonale ridondanti di negozietti di artigianato, caffè e trattorie tipiche; poco più in là, la Cattedrale di San Giovanni, insolitamente piccola ma dagli interni in legno dorato interamente ricoperti di icone e affreschi ed esaltati da enormi lampadari di cristallo, il Museo Municipale “Leventis” con la sua ricca collezione di reperti archeologici ciprioti, e lo straordinario Museo Bizantino con le 230 preziosissime icone risalenti al periodo tra il IX e il XIX secolo, i mosaici antichissimi, gli affreschi e gli arredi sacri, raccontano una lunga e movimentata storia cultural-religiosa, che prosegue nel fascinoso entroterra della capitale puntellato da tipici e pittoreschi villaggi rurali con le casette di pietra e i balconcini di ferro battuto, come quello di Lefkara, celebre per gli oggettini d’argento e per i pizzi noti come Lefkaritika, e quello di Tochni, patria della vacanza in romantici agriturismi dove esistere quasi fuori dal tempo e dallo spazio.
Mezè e altri sapori. Mangiare a Cipro è un vero e proprio piacere. Che si scelga una taverna tipica dall’atmosfera calda e gioviale, piuttosto che un localino modaiolo lungo la spiaggia, si inciamperà sempre nella calorosa ospitalità dei ciprioti, che rende ancora più appetibile le loro tavole saporite e generose di prodotti locali e genuini.
Il primo consiglio è indubbiamente quello di sperimentare il tradizionale Mezè, abbondante mix di specialità tipiche di carne o di pesce accompagnate da immancabili insalate, olive, verdure e tante salsine diverse a base di yogurt, ceci, sesamo e quant’altro.
Ma l’elenco delle irresistibili proposte locali è lungo: dalla pitta (il pane tipico) al kolouria (pane al sesamo), dall’halloumi (formaggio rustico di pasta filata di pecora grigliato sulla legna) ai dolmades (foglie di vite ripiene di riso), dai souvlakia (spiedini di carne alla griglia) al loukaniko (salsiccia affumicata aromatizzata al coriandolo e marinata nel vino), fino ai numerosi dolcetti tipici come i loukumia (gelatine di frutta ricoperte di zucchero a velo), i soutzoukos (mandorle rivestite da mostro d’uva) e un’infinità di altri a base di miele, pistacchi e frutta candita, naturalmente accompagnati dagli antichissimi vini ciprioti, primo tra tutti il rinomato Commandaria, vino dolce passito da dessert che ha fama di essere il più antico del mondo.
Non si conclude senza un tipico caffè cipriota, che si prepara macinandolo al momento e senza filtrarlo, e aggiungendo lo zucchero prima di metterlo sul fornello in un apposito brichia (pentolino con manico lungo e base larga che poi si stringe verso l’alto), motivo per cui viene sempre chiesto in anticipo se si desidera glykos (dolce), metrios (medio) o sketos (amaro).
Ideale, per un long weekend nella dolce isola di Afrodite, il nuovo collegamento annuale di easyJet il mercoledì e la domenica, con partenza da Milano Malpensa alle ore 16.00 e arrivo a Larnaca alle ore 20.25, e partenza da Larnaca alle ore 21.00 con arrivo a Milano Malpensa alle ore 23.50; le tariffe partono da € 42,78 a persona, tasse incluse. E altre quattro sono le nuove destinazioni easyJet del 2013 in partenza dall’aeroporto di Malpensa: Sharm El Sheikh, Lussemburgo e Belgrado, con voli già operativi, e Ajaccio dal prossimo 6 luglio.
DOVE SOGGIORNARE
Per gli amanti del lusso e del confort: Columbia Beach Resort Capo Bay Hotel Grecian Park Hotel Almyra Hotel Annabelle Hotel
Per gli amanti della natura e della genuinità, le case tradizionali nei borghi caratteristici dell’entroterra o della costa (spesso dotate di giardino, piscina e camino), le fattorie a gestione familiare e le piccole locande tipiche, dove è possibile anche partecipare alle attività agresti, imparare la lavorazione del pane e del formaggio e i segreti della produzione enologica, visitare le aziende agricole durante la raccolta delle olive o delle arance, frequentare corsi di cucina, effettuare escursioni in bici e a cavallo, degustare le specialità locali nelle numerose taverne disseminate nei paesini.
Nelle oltre cento strutture dei quasi cinquanta villaggi coordinate dalla Società Agrituristica di Cipro è possibile soggiornare in formula B&B, mezza pensione o soltanto affittare le unità abitative, prenotando anche direttamente online.
Particolarmente consigliate le deliziose e confortevolissime strutture Cyprus Villagesnella zona di Tochni, villaggio di pietra dominato dall’alto da una taverna molto tradizionale dove degustare l’autentica e gustosissima cucina cipriota.
Cipro nord, l’area occupata Nell’estate del 1974 la Turchia ha invaso militarmente Cipro, occupandone il 36,2% del territorio settentrionale che ha delimitato con la cosiddetta “linea verde” e illegalmente dichiarato “Repubblica Turca di Cipro del Nord”, obbligando 200.000 greco-ciprioti ad abbandonare ogni loro proprietà nella zona, tra le quali molte strutture turistiche, attualmente utilizzate illegalmente e abusivamente dai nuovi presenti. La Repubblica Turca di Cipro del Nord, tutt’ora sotto occupazione, non è legalmente riconosciuta da alcun altro Paese e tutti i suoi punti di accesso – i porti di Famagosta, Kyrenia e Karavostasi, e gli aeroporti di Tymbou “Ercan” e di Lefkoniko “Getickale”- sono stati dichiarati dal governo cipriota chiusi al traffico internazionale, dunque funzionano illegalmente, tanto che non sono possibili voli diretti dall’Italia. Inoltre, la situazione rende difficile l’assistenza medica, diplomatica o consolare, ed è perfino invalida l’assicurazione in caso di incidente automobilistico. Per questi motivi è assolutamente sconsigliabile soggiornare a Cipro nord, nonostante le numerose offerte a basso costo proposte. Per maggiori informazioni: Ambasciata della Repubblica di Cipro, Roma, tel 06.80.88.365, info@ambasciatacipro.it Ente Nazionale per il Turismo di Cipro, Milano, tel. 02.58.31.98.35, info@turismocipro.it
Ogni tanto mi ci vuole. Fuggire dalla mia frenetica e rumorosa città che amo tanto, per rifugiarmi nell’immensa magia della natura. A respirare il suo silenzio, la sua lievità, i suoi colori e profumi che avvolgono sensi e anima. Non conoscevo questo angolo di Abruzzo interno dominato dalla Majella, la montagna carsica e calcarea affacciata sul mare Adriatico che gli abitanti locali chiamano affettuosamente “il panettone” per via della sua forma morbida e tondeggiante simile a quella di una cupola schiacciata, a differenza della struttura molto più dolomitica del vicino Gran Sasso. Un nugolo di paesini fiabeschi a meno di trenta chilometri da Pescara, con i centri storici di pietra addobbati di fiori freschi e colorati, e vicoli così stretti in cui le case sembrano quasi toccarsi. Il più grande, con i suoi duemila abitanti, è Caramanico Terme, ex borgo medievale posto su uno sperone roccioso lungo e stretto, dominato dai ruderi di un’antica fortificazione a controllo e difesa della vallata. Mi aggiro tra strade dai nomi curiosi come via dell’Allegria, vico del Pulcino, via del Fischietto, e botteghe che vendono specialità tipiche come le uova di quaglia e gli arrosticini, il miele e i legumi, mentre tutt’intorno il passato vive nei resti delle antiche mura di cinta e dei palazzi gentilizi seicenteschi, nelle fontane ornate di mascheroni e nei portali medievali in pietra lavorata, nei suggestivi sottopassi, archi e gradinate. Passo davanti all’antico convento dei Domenicani e raggiungo la Cattedrale di Santa Maria Maggiore, dove il parroco conserva ancora il titolo di “abate” perché un tempo rappresentava il punto di riferimento del vescovo. Ha un bel portale quattrocentesco in pietra locale decorato con una simbologia relativa alle virtù, e una lunetta che rappresenta l’incoronazione della Vergine e costituisce un raro esempio di arte tedesca in loco. Poi scendo fino al quartiere San Maurizio, caratterizzato dal percorso delle edicole mariane del 1791, che gli abitanti chiamano le “sette Madonne sorelle”, sulla scia dei pellegrinaggi devozionali popolari. In zona ci sono tanti borghi ancora più piccoli, prima tra tutte le graziosa frazioncina di Decontra, che accanto alla minuscola chiesetta sfoggia ancora case dalla struttura costruttiva tipica locale e conta meno di cento abitanti, e poi Salle, Sant’Eufemia e Roccamorice, che non superano i quattrocento. Ma la chicca è senza ombra di dubbio la minuscola Roccacaramanico, con la sua storia singolare e affascinante. Arroccata sulle pendici montuose, nel dopoguerra iniziò progressivamente a spopolarsi: alla fine degli anni Sessanta era rimasta soltanto un’anziana, unica abitante di un paese ormai fantasma. Qualche anno fa è cominciata un’intensa operazione di recupero, che l’ha visto risorgere attraverso la costruzione di dimore in pietra della Majella adeguate all’ambiente. Nessuno è più tornato a risiedervi, ma molte famiglie della zona l’hanno scelta come località di vacanza. Perché ancora adesso è veramente suggestiva, come se il suo passato fosse sempre lì a custodirla. E poiché ormai mi sono calata in quest’atmosfera di pace solenne, decido di immergermi fino in fondo. Indosso le mie scarpe da montagna e inizio ad addentrarmi nella riserva naturale della Valle dell’Orfento, area protetta nel cuore del Parco Nazionale della Majella. Accessibile, ma ancora fascinosamente selvaggia. Mi imbatto subito in un’area di allevamento in semilibertà delle lontre, ma mi spiegano che potrei anche avvistare le aquile e incontrare volpi, cervi, caprioli, camosci e cinghiali che si aggirano liberi, come dimostrano le loro chiarissime impronte sui sentieri faunistici che si dipanano tra orchidee e fragole di bosco, stelle alpine e piante insettivore: quanto mi piacerebbe vedere il camoscio abruzzese, ritenuto dagli esperti il più bello del mondo grazie a una sorta di mascherina scura che madre natura gli ha disegnato sul muso! Ci sono anche il lupo e l’orso bruno marsicano che vive soltanto qui, ma quelli, per fortuna, escono solo di notte… In compenso, davanti ai miei occhi inizia a pararsi un incredibile scenario naturale che ricorda quello del Grand Canyon, con pareti di roccia calcarea dove il lavoro di erosione delle acque ha scavato canaloni a picco verso la valle, e grotte rocciose un tempo abitate da eremiti, briganti e pastori. Sono state trovate perfino tracce di lavorazione della selce, a testimonianza di una presenza umana risalente addirittura all’era paleolitica. Mi addentro sempre di più all’interno del bosco, in un continuo saliscendi su ripide “scalelle” rocciose bagnate da cascatelle frizzanti, e arrivo fin quasi a toccare il bordo del fiume Orfento, con le sue acque limpide in cui nuotano le trote e i graziosi ponticelli in legno che lo scavalcano. E quando uno scoiattolo passa sopra la mia testa spostandosi tra i rami degli alberi, e mi trovo accanto le enormi foglie di farfaraccio che fino ad ora avevo visto solo nel Paese delle Meraviglie, mi chiedo se anch’io, come Alice, non sia preda di un sogno. Perché anche se sono a due passi dal centro abitato, qui mi sembra di stare in una dimensione del tutto fiabesca. Mi riporta alla realtà un improvviso volo di rondini, così vicine che posso quasi toccarle: qui si dice che quando volano così basse è in arrivo il maltempo. E allora lascio il bosco, e decido di beneficiare delle secolari acque termali e sulfuree che sgorgano dalle pendici della montagna, e che costituiscono indubbiamente una grande ricchezza per la zona. Nel vicino centro benessere in cui alloggio, La Réserve,se ne può usufruire a tutto tondo: bevendole, inalandole o sottoponendosi ai fanghi, con effetti antinfiammatori e benefici per le patologie dell’apparato respiratorio e locomotorio. Ma anche attraverso la linea interna ed esclusiva di prodotti cosmetici come creme, sieri, detergenti e acque idratanti, di cui sono componenti fondamentali allo scopo di rimineralizzare e purificare la pelle. Essere qui e non farsi coccolare è praticamente impossibile. Quindi decido di sperimentare uno dei nuovi trattamenti di questa stagione, il Lomi Lomi, antico massaggio hawaiano avvolgente e rilassante effettuato con movimenti ritmici e armoniosi di mani e avambracci: una vera esperienza! E poi il Massaggio Plantare, che coinvolge piede e polpaccio agendo piacevolmente sul sistema circolatorio e articolare. Oltre, naturalmente, a un’immancabile pulizia termale del viso. Per la cronaca, quest’anno la struttura ha introdotto anche le Clinic del Benessere, sessioni intensive di trattamenti mirati, a scelta, su pelle, postura, respirazione, remise en forme e relax, per raggiungere l’obiettivo anche in un solo weekend. Oltre a programmi dietologici settimanali per perdere peso, ma soprattutto per imparare a nutrirsi correttamente. Anch’io, però, ho raggiunto il mio obiettivo: tornare in città portando con me un po’ di rigenerante potenza della natura. Mica roba da poco.
Dove alloggiare: aLa Réserve, a Caramanico Terme (PE), per sperimentare la salutare acqua termale e sulfurea con tanti trattamenti benessere, e gustare le specialità gourmet del ristorante interno Le Regard.
Come arrivare: da Roma transfer in partenza dalla stazione Tiburtina per Caramanico Terme, da Milano voli da Linate e Orio al Serio a Pescara, poi shuttle bus.
Info: Il Parco Nazionale della Majella abbraccia le provincie di Chieti, Pescara e L’Aquila www.parcomajella.it