di Grazia Garlando
Tremila chilometri quadrati verdissimi grazie a distese a perdita d’occhio di boschi e vigneti, solcati da trattori e vecchie utilitarie. Poi, di tanto in tanto, paesaggi quasi lunari e borghi incantevoli abbarbicati sulla roccia. Non è ben chiaro se soltanto al secolo scorso o addirittura al Medioevo, ma è certo che in Irpinia il tempo sembra essersi fermato. O perlomeno, aver rallentato fortemente il passo. Ma che questo sia un difetto è tutto da stabilire.
Stretta tra il golfo di Napoli e la Puglia, delimitata dai piccoli comuni di Rotondi e di Monteverde, l’Irpinia ricopre più o meno l’intera provincia di Avellino. Ma nonostante dietro al monte Taburno -massiccio calcareo dell’Appennino campano in cui gli abitanti amano riconoscere il profilo di una donna dormiente- sorga la luccicante costiera amalfitana, qui il panorama campano è decisamente un’altra cosa. E in quella vita dai ritmi lenti, in quel popolo dal carattere spigoloso, in quei castelli antichissimi ancora pervasi dalla loro storia, vive l’anima di un popolo saldamente ancorato alle sue radici, al suo territorio, a quella terra generosissima di cibo e di vino che darà loro sempre di che vivere. Una vita slow, appunto, dove fermarsi a sorseggiare un Fiano di Avellino, un Greco di Tufo o un Taurasi -tutti rigorosamente Dop- e assaporare caciocavallo, castagne, funghi e pane tipici è ancora possibile, ed è una ricchezza non da poco.
E poi ci sono quei piccoli borghi deliziosi classificati tra i più belli d’Italia, primo tra tutti Nusco, all’interno del Parco Regionale dei Monti Picentini, cinquemila abitanti dislocati attorno all’antica fortificazione e alla cattedrale in pietra irpina che conserva ancora i portali originali, ai patii spagnoli e ai vicoli stretti, alle vecchie dimore di pietra alternate a case colorate e alla cosiddetta Villa Vecchia, come vengono chiamati i giardini pubblici dove praticamente l’intero paese usa scambiarsi il primo bacio; merita una visita anche la piccola Chiesa della Trinità a una sola navata risalente all’XI secolo, la prima costruita a Nusco, e merita affacciarsi sul panorama a perdita d’occhio che le vale il titolo di balcone d’Irpinia.
Incantevole anche la minuscola e antichissima Rocca San Felice che si erge su una roccia, dove un dedalo di vicoletti si arrampica su su fino al castello con un percorso di gradoni di pietra, e i resti delle antiche torri dominano una vista mozzafiato sull’alta Irpinia che, soprattutto la notte, risulta incredibilmente suggestiva. Giù, nella piazzetta, le donne vanno ancora a prendere l’acqua alla fontana, e si siedono all’ombra del maestoso tiglio secolare a chiacchierare volentieri con chiunque si trovi a passare di lì….
E poi ancora Bisaccia, con il suo antico Castello Ducale ottimamente conservato e l’annesso museo archeologico, che espone una quantità di ritrovamenti di corredi funebri dell’età del ferro consistenti soprattutto in oggetti di ornamento personale, che raccontano con grande efficacia la società di allora con le sue gerarchie. Mentre, tra boccioli di rosa e resti monumentali, un’altra grande testimonianza è quella della maestosa Abbazia del Goleto a Sant’Angelo dei Lombardi (così chiamato perché legato al culto longobardo dell’Arcangelo Michele), gioiello medievale del XII secolo a un passo dalle sorgenti dell’Ofanto, dove regnò dal 1135 al 1515 il concetto forte dell’autorità femminile attraverso il governo delle badesse, che ne fecero il periodo di massimo splendore.
E mentre il lago delle Mefite ribolle di fumarole e fanghi bollenti, e le proprietà terapeutiche delle sue acque minerali sulfuree vengono sfruttate nelle vicine Terme di San Teodoro, il cui stabilimento fu costruito a metà Settecento dal duca Caracciolo di San Teodoro, vale la pena spostarsi fino a Gesualdo, la cosiddetta “città della musica”, dominata dall’antico castello circolare che il principe madrigalista Carlo Gesualdo, erede dei fondatori del paese, trasformò da rude fortezza in raffinata dimora dove ospitare una fastosa corte canora. Fu lui, nella prima metà del Seicento, a realizzare l’ancora attuale pianificazione urbanistica, con gli anelli viari concentrici che dal castello degradano verso gli orti del sud dove si coltiva, tra gli altri, il sedano tipico, che nel dialetto locale viene chiamato accio. E tra l’antica cittadella fortificata e tuttora abitata, le scalinate imponenti e le piazze dove ancora si svolgono le tradizionali fiere, spuntano angeli in ogni effigie, come a vegliare silenziosamente sulla città…
Davvero una terra particolare questa Irpinia lenta e silenziosa, rurale e artistica, spigolosa e generosa. Che adesso il progetto Irpinia Madre Contemporanea intende finalmente togliere dal suo splendido isolamento per svelarla e valorizzarla attraverso un percorso di eventi culturali, artistici, gastronomici e artigianali, e itinerari tematici che ne raccontano la storia antica e moderna, i miti e le leggende, l’anima e l’essenza. Anche se, c’è da giurarci, un po’ di mistero continuerà a tenerselo tutto per sé.
Il consiglio per dormire:
Il B&B Donna Chiara di Nusco, un piccolo nido raffinato e confortevolissimo in pieno centro storico. Assolutamente delizioso.
Il consiglio per mangiare:
Una cucina del territorio con tutti i prodotti più tipici e genuini ai ristoranti Fontana Madonna di Frigento, Grillo d’oro di Bisaccia e La Ripa di Rocca San Felice, triade di delizie irpine.
Da non perdere:
L’affascinante mondo sotterraneo delle Cantine Caggiano, a Taurasi, che tra pareti di pietra, soffitti archivoltati e angoli fantasiosi tra sacro e profano, custodisce tesori vinicoli di produzione propria; il progetto di ristorazione, ospitalità e scuola di cucina Cena School, a Nusco, che intreccia la cucina tradizionale irpina con idee innovative dal mondo.
Irpinia, a passo lento tra borghi antichi e tavole generose
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