Le olive ascolane che mi accolgono, ancora calde, non appena varcata la soglia del ristorante Orma Bruna, in pieno design district milanese, quasi mi traggono in inganno, inducendomi a credere, di primo acchito, di essere approdata in un locale fedelissimo alla tradizione marchigiana allo stato puro. Che comunque non sarebbe niente male.
E invece la filosofia gastronomica di questo piccolo e accoglientissimo ristorante di design su due livelli, dai colori caldi in armonia con il legno chiaro degli arredi minimal e un bancone conviviale in marmo per chi preferisce mangiare in modo più easy, è un po’ diversa: cucina marchigiana e abruzzese sì, con tanto di materie prime direttamente in arrivo da una selezione di piccoli produttori locali a presidio Slow Food come lo Zafferano Navelli e le Mele Rosa del Piceno. Ma rivista in chiave contemporanea dal giovanissimo chef Achille Esposito, che propone una raffinata lettura della tradizione regionale all’insegna del gusto e della fantasia, attraverso un menù che varia stagionalmente e sempre accompagnato da una carta di etichette d’eccellenza in cui si ritrova il meglio della produzione vinicola delle due regioni.
E allora, mettendomi in quest’ottica, ho assaggiato il raviolo come un vincisgrassi (foto apertura) che prende spunto dalla tradizionale lasagna marchigiana al ragù, e il risotto Milano-Abruzzo con zafferano di Navelli aquilano e polvere di peperone dolce di Altino, il polpo alla piastra con fonduta di cacio abruzzese e le costine di maiale con purea di mela rosa del Piceno, il bocconotto di Castel Frentano, dolce tipico abruzzese, e le pesche dolci abruzzesi all’Alchermes e crema pasticciera. Chiudendo il tutto con un immancabile caffè del marinaio con anice e rum, antica ricetta marinara dei pescatori marchigiani. Che, credetemi, alla fine ci vuole proprio… Orma Bruna Via Montevideo 4, 20144 Milano Aperto da lunedì a sabato dalle 12.30 alle 14.30 e dalle 19.30 alle 22.30, venerdì e sabato fino alle 23.00
Chi ha detto che tutto ciò che è buono fa ingrassare o, peggio ancora, fa male alla salute? Niente di più falso. Il mondo è pieno di cibi deliziosi e, a seconda di come sono prodotti, anche del tutto salutari. L’importante è sapere dove andare a cercarli. Io vi suggerisco tre nuovi indirizzi a Milano assolutamente da provare. Ne resterete sorpresi. E soprattutto molto, molto appagati…
I DOLCI E ALTRE SFIZIOSITA’, IL PROIBITO L’altra sera, per esempio, ho preso un aperitivo. Che c’è di strano, direte? C’è che consisteva in un freschissimo Spritz rivisitato con spumante biologico e bergamotto (ma potevo anche scegliere lychee, passion fruit o Saint Germain). Ed era accompagnato da un sublime waffles salato con impasto vegano a base di farina di semi di lino, olio, semi croccanti misti e acqua, e farcito con salmone, rucola e crème fraîche. E di strano c’è anche che ero in pasticceria.
Eh sì, perché se pensate che in questi luoghi dolcetti e altre sfiziosità sane e salutari siano bandite, provate a fare un salto a I Dolci Namura, una chicca di pasticceria biologica che utilizza esclusivamente bio ingredienti di qualità in arrivo da piccole aziende agricole dell’intera penisola; e che tra le sue creazioni dolci e salate, rigorosamente fatte a mano, sfoggia anche una varietà di proposte vegane per le quali produce anche in proprio ingredienti particolarissimi come, ad esempio, il burro per frolle e brioches, a base di burro di cacao, olio e.v.o. e sciroppo di acqua e zucchero. E così, non solo bignè, cannoncini e torte di frutta risultano naturali, leggeri e sempre molto gustosi. Ma anche, per l’appunto, tutte quelle delizie salate di fronte alle quali io proprio non resisto: l’ottimo Spritz rivisitato è accompagnato da rustici caldi farciti in mille modi, brioches al prosciutto e waffles salati vegani in tre sfiziosissime varianti: rucola, crudo, mozzarella e pomodoro; rucola, pomodoro, marmellata di cipolla di tropea; rucola, salmone e crème fraîche.
I Dolci Namura Via Castelvetro 16, 20154 Milano Aperto da martedì a venerdì dalle 7.30 alle 20.30, sabato dalle 8.00 alle 20.00
IL PESCE, IL CLASSICO Quindici antipasti di pesce. Monoporzioni, certo. Ma pur sempre quindici, che non è poco. Accompagnati ciascuno da birra artigianale e pane di produzione propria.
E’ stata questa la mia insolita cena a Ambaradan 2, singolare locale appena inaugurato dedicato esclusivamente al pesce. Anzi, agli antipasti di pesce. Perché che ci si vada a pranzo (cinque portate), all’aperitivo (sei portate) o a cena (quindici, per l’appunto) arrivano in tavola sempre e solo chicche di freschissima fauna marina che variano in base al pescato giornaliero: per questo il daily menu è scritto su una lavagna che campeggia sul muro tra lampadari realizzati con reti da pesca e scenografiche fotografie in maxi formato di molluschi e crostacei, e non si può variare.
Del resto, perché farlo? Le proposte sono estrosamente cucinate in soluzioni così appetitose da incontrare inevitabilmente il gusto di chiunque ami i prodotti del mare. Io, per esempio, ho apprezzato enormemente il calamaro ripieno di fiordilatte con crema di zucchine e alici, la capasanta con pistacchi di Bronte e frutta secca, e il gambero viola con melanzane arrosto e pomodori secchi. Ma ce n’è davvero per tutti i gusti: dal polpo arrosto con ‘nduja e burrata al tortino di spada con patate violette, dall’astice alla catalana con pesche allo spada crudo all’arancia. E poi, naturalmente, ricci di mare, totani, impepata di cozze, sarde a beccafico, e chi più ne ha più ne metta. Da gustare abbinando a ogni portata 5 cl di birra artigianale o 3 cl di vino, o in alternativa bevande di frutta di produzione interna dai sapori perfettamente accostabili.
La sorpresa arriva al momento del conto. Perché secondo la filosofia dei locali Ambaradan (c’è una pizzeria nella parallela via Castelvetro 20, e altri ristoranti monoprodotto sono già in previsione), si può scegliere autonomamente fra tre prezzi diversi, a seconda di quanto si sia rimasti soddisfatti. In pratica: il pranzo costa 15 euro, l’aperitivo 20 e la cena 60. Ma si può pagare il 10% in meno se il tutto viene ritenuto migliorabile, il prezzo stabilito se viene giudicato buono, il 10% in più se il giudizio è ottimo, maggiorazione che andrà al personale di sale come una sorta di gratifica. Geniale, no?
Ambaradan 2 Via Losanna 36, 20154 Milano Aperto da lunedì a domenica dalle 12.00 alle 15.00 e dalle 18.00 alla 1.00 di notte
IL SUPERFOOD, LA NOVITA’ Sapete cos’è il superfood? Sono tutti quei cibi naturali ricchi di vitamine, minerali, antiossidanti e fibre, in pratica quello che serve al nostro organismo per mantenere energia e benessere. Chissà magari quanti ne mangiate senza neppure saperlo: mirtilli e salmone, fagioli neri e broccoli, avena e barbabietole. Altri certamente meno, come bacche, semi, alghe e cavolo nero.
Sta di fatto che in pieno centro ha aperto da poco un locale interamente dedicato, il Plato Chic Superfood, dove sono stata subito accolta con un paio di Veli, una creazione esclusiva del ristorante consistente in sfoglie sottili di farine speciali e sempre diverse, senza lievito né glutine, con ripieno dolce o salato fatto di superfood di stagione. Le farine particolari ricche di nutrienti benefici, come la teff, in arrivo da Etiopia ed Eritrea, e la moringa, indiana, sono una prerogativa di questo locale, così come germogli, semi, spezie, alghe, frutta e verdura per creare un sorprendente menù di piatti vegetariani e vegani, senza glutine, lieviti, nichel e lattosio, e tutti assolutamente stagionali. Insomma, venire qui per una prima colazione, un light lunch o un aperitivo serale è decisamente una food experience, assolutamente da provare. Magari non uscirete proprio sazi. Ma stavolta è proprio il caso di dirlo: “Tutta salute!”.
Plato Chic Superfood Via Cesare Battisti 2, 20122 Milano Aperto da lunedì a sabato dalle 8.00 alle 22.30
“Volli, volli, fortissimamente volli”: confesso che a volte, nei momenti di scoramento, ripenso a queste celebri parole di Vittorio Alfieri, che ho imparato sui banchi di scuola e non ho mai più dimenticato. E a poco a poco riprendo quota, in nome della forza e della determinazione, che, vi assicuro, spesso fanno miracoli.
E così varcare la soglia della sua casa natale color crema e porpora, vedere il grande letto rosa a baldacchino in cui è nato, aggirarmi nelle stanze in cui ha vissuto la sua infanzia fino ai cinque anni di età, mi emoziona davvero. E’ un nobile palazzo di impianto medievale nel cuore di Asti, con un cortile che sembra il proscenio di un teatro e un giardino dominato da un grande platano ottocentesco, a un passo dalla maestosa Cattedrale di Santa Maria Assunta che è la chiesa più grande di tutto il Piemonte. Ora, naturalmente, ospita la Fondazione Centro Studi Alfieriani e il Museo Alfieriano, che tra busti e ritratti, arredi e oggetti originali, racconta la sua attività di poeta e drammaturgo, e, cosa che ho apprezzato maggiormente, la sua vita di viaggiatore appassionato e instancabile che lo portò a vivere in numerose città italiane ed europee, con tanti curiosi cimeli d’epoca e interessanti manoscritti autografi sulle sue esperienze e sentimenti di viaggio.
Asti è una cittadina graziosa che si snoda tra gli antichi rioni e borghi, torri e case-fortezze, chiese e palazzi, fino ai resti delle mura del castello. Ed è proprio a ridosso di queste, al Cambiocavallo Lounge & Restaurant, ospitato all’interno dell’Hotel Castello (piccolo hotel di charme con solo undici camere comprese suite con cucina), che fermarsi ad assaporare i grandi vini che la rendono piacevolmente nota in tutto il mondo è praticamente un must, grazie alla sua carta che sfoggia le migliori annate di Langa, Monferrato e Roero, con vini come Barbera, Dolcetto, Nebbioli, Ruchè, Arneis.
Naturalmente da abbinare a pregiati piatti tipici proposti dallo chef piemontese Pier Mario Monzeglio che utilizza creativamente materie prime e prodotti d’eccellenza locali di stagione, attraverso due percorsi degustazione, uno di carne “Tradizione Piemontese” e uno di pesce “La via del sale” (dal nome dell’antica strada su cui si portava pesce sotto sale dalla Liguria al Piemonte, soprattutto alici e baccalà) oppure una normale scelta di piatti alla carta: tra gli altri, la battuta di fassona, il bollito misto con salse e la bagna cauda, oltre alla pasta fatta in casa come i tajarin all’uovo e gli agnolotti ai tre arrosti cucinati con scorzone e malga d’alpeggio (che ancora non ho dimenticato!), e ai dolci al cioccolato, soprattutto al cucchiaio, utilizzando quello di Sao Tomé e Principe, ritenuto dagli esperti il migliore al mondo (la titolare Silvia Grosso è anche console onorario in Italia di queste piccole isole africane), e spesso lavorato e abbinato alla nocciola piemontese. Ma non crediate che sia finita qui. Perché alla sera non potete perdervi il suggestivo Aperitower che il ristorante propone con i migliori vini del territorio e piccole prelibatezze tutti i weekend d’estate, da venerdì a domenica, sulla Torre di Barbaresco, un piccolo borgo medievale a una manciata di chilometri da Asti che conta poco più di cinquecento abitanti, situato proprio sul confine tra Langhe e Roero segnato dal fiume Tanaro. Ed è un panorama mozzafiato quello che si spalanca a perdita d’occhio su una distesa di vigne, con tanto di sfondo alpino, dalla cima della torre a trenta metri di altezza, sorta probabilmente ancora prima dell’insediamento dell’antico villaggio con funzioni di osservazione e difesa dagli attacchi nemici, quando il territorio era ancora coperto da una fitta foresta.
E per concludere in bellezza l’eccelsa esperienza turistico-vinicola, non mi sono fatta mancare una visita alle incredibili Cattedrali sotterranee delle Cantine Coppo di Canelli, un posto così sorprendente da essere stato eletto Patrimonio Unesco. Si tratta di immense cantine in tufo collegate fra loro da chilometri di cunicoli, il cui microclima conserva il prodotto nelle condizioni migliori. Tanto che alcune cavità custodiscono bottiglie così antiche da farle apparire quasi un tuttuno con la roccia, da cui un sapiente gioco di luci sembra farle emergere. Eppure perfettamente pronte a essere gustate anche all’istante.
Quando risalgo trovo ad attendermi un buon bicchiere. Non so se provenga proprio da una di queste. Ma so che è decisamente, inevitabilmente inebriante.