Ci sono luoghi in cui trascorrere il ponte pasquale all’insegna del suo carattere religioso e rituale non può che essere un’esperienza toccante e coinvolgente, per le forti vibrazioni e le atmosfere indescrivibili che riescono a trasmettere e a lasciare addosso.
Il primo tra tutti è indubbiamente Gerusalemme, con le sue intense celebrazioni della Settimana Santa, che quest’anno avranno luogo dal 24 al 31 marzo.
La domenica delle Palme, al mattino, si celebra l’ingresso trionfale di Gesù con una rievocazione lungo le strade della Città Vecchia, tra foglie di palme, rami d’ulivo e cori religiosi, mentre nel pomeriggio dal Monte degli Ulivi parte la processione che passa per l’orto dei Getsemani, il villaggio di Betania con la chiesa e la tomba di Lazzaro, e le tombe dei profeti, fino alla Città Vecchia.
Il Venerdì Santo si commemorano la crocifissione e la sepoltura di Cristo, con una processione lungo la Via Dolorosa -il cammino da Lui compiuto con la croce- e un’altra alla chiesa del Santo Sepolcro, dove fu crocifisso e sepolto.
La domenica di Pasqua ha luogo la processione del patriarca latino alla chiesa del Santo Sepolcro, con letture del Vangelo sulla resurrezione e celebrazione della Grande Messa.
La città organizza inoltre diversi percorsi sulle orme di Gesù, che toccano tutti i luoghi più sacri e significativi: le quattordici stazioni della Via Crucis fino alla chiesa del Santo Sepolcro, la chiesa della Natività a Betlemme dove nacque, il Monte degli Ulivi, il Giardino dei Getsemani, la tomba di Maria e la tomba di Davide; oppure verso il Mar Morto con Gerico, le Grotte di Qumran dove furono scoperti i Rotoli del Mar Morto, il deserto della Giudea e Masada, l’antichissima fortezza romana situata sulla cima di un’altura raggiungibile in funivia.
Inoltre al Museo d’Israele di Gerusalemme è allestita la mostra dedicata a Erode il Grande, centrata sulla scoperta della sua tomba a Herodion e resa visibile dopo quarant’anni di ricerche e scavi, che con il suo centinaio di reperti archeologici unici disegna il complesso ritratto di un re le cui gesta cambiarono per sempre il corso della storia.
Ma anche in Italia, soprattutto nei luoghi del centro-sud dove il sentimento religioso e la cultura popolare sono profondamente autentici e radicati, sono davvero tante le suggestive celebrazioni tradizionali pasquali che si tramandano immutate da secoli.
Ne è particolamente prodigo il Salento, dove, per esempio, a Francavilla Fontana durano ben dieci giorni con diversi riti, tra cui quello iniziale il venerdì precedente la domenica delle Palme con la processione della statua della Madonna Addolorata alla ricerca di suo Figlio, quella del Venerdì Santo tra statue dei Misteri in cartapesta, pesanti croci di legno, crociferi e pappamusci penitenti, scalzi e incappucciati, e quella grandiosa con Cristo Risorto per le vie del paese.
A Erchie e dintorni si apparecchiano le Tavole di San Giuseppe: la sera del 18 marzo viene acceso un grande falò realizzato con i tralci della potatura dell’ulivo, che arde fino al giorno dopo quando, a mezzogiorno, vengono benedette in piazza e lungo la via principale le suddette Tavole, su cui compaiono tredici pietanze che simboleggiano il bastone fiorito di San Giuseppe (il cavolfiore), le fasce di Gesù Bambino (le ncartiddhate, dolci tipici), l’arrivo della primavera (la massa di San Giuseppe, pasta fritta e non, condita con i ceci). Tutti ne mangiano portandosi poi a casa gli uccellini di pane, che allontaneranno fulmini e temporali e saranno conservati fino all’anno successivo.
Da Martignano, nel cuore della Grecìa Salentina, arriva l’eco dei Canti della Passione sulla storia di Gesù intonati in lingua grika, dialetto molto simile al greco antico: durante la settimana santa i contadini giravano per case e masserie cantandoli, concludendo con il dono di puccia (pane tipico salentino), formaggio e a volte uova. Mentre a Calimera, dove esiste addirittura una scuola di griko per bambini e adulti -utilizzato anche per pregare in attesa della Pasqua- il lunedì dell’Angelo si svolge l’antichissimo rito della Rinascita: si attraversa la pietra forata all’interno della piccola chiesa di San Vito, appena fuori paese, per ricordare il parto e quindi la rinascita, gesto che porta fortuna e fertilità.
A Noicattaro si sfila vestiti di sacco nero, con corona di spine in testa e pesante croce sulle spalle, strisciando i piedi nudi con catene e ferraglie legate alle caviglie, mentre la Domenica di Pasqua a Ruvo di Puglia esplodono le quarandone -fantocci con le sembianze di vecchie signore vestite di nero appese agli incroci delle strade- per rappresentare la vittoria della vita sulla morte.
Poco più in là, nei 29 comuni dei Monti Dauni, angolo di Puglia incastonato sull’Appennino tra Campania, Molise e Basilicata, la processione del Bacio di Troia nel pomeriggio pasquale rievoca la scena del bacio di Gesù risorto, ma ci sono anche quelle del Venerdì Santo a Orsara con gli incappucciati (uomini scalzi, incatenati e vestiti di bianco che portano una grande croce di legno sulle spalle) o a Sant’Agata di Puglia con una croce a cui sono attaccati gli attrezzi utilizzati per la crocifissione, seguita dalla statua di Gesù morto e dall’Addolorata.
In Sardegna i seicenteschi rituali pasquali di Iglesias, nel Sulcis Iglesiente, rievocano atmosfere legate ai quattro secoli di dominazione spagnola con i suoi retaggi culturali e tradizionali, e la settimana santa è prodiga di processioni che ricostruiscono la Passione di Cristo con antiche statue, uomini incappucciati, donne velate di nero, canti e fiaccolate notturne, al suono di tamburi, raganelle e matraccas, i soli strumenti musicali permessi.
Tra queste, la processione dei Misteri, dove si trasportano a spalla i Sette Simulacri raffiguranti altrettanti episodi della Passione, il Simulacro della Madonna che entra in sette chiese cittadine in cui è allestito il Santo Sepolcro alla ricerca simbolica del Figlio, la salita di Cristo al Calvario, il Discenso che mette in scena una vera e propria rappresentazione sacra del suo funerale, e, la sera del martedì dopo Pasqua, la processione di S’Inserru con tre inchini e tre saluti mentre i simulacri di Gesù Risorto e della Madonna si allontanano per essere accompagnati in chiesa.
Nelle Marche la notte del venerdì santo a Cantiano (PU) si rievoca la Passione di Cristo con la rappresentazione della Turba, che trae origine nel XIII secolo quando la gente invocava in strada l’intercessione divina per porre fine a una vita di miseria, guerre e carestie: messe, canti e preghiere animano l’intero paese, rivisitano il processo e la condanna di Gesù e si concludono con l’ascesa al Calvario e la Resurrezione, dove vengono innalzate e illuminate le tre croci vuote.
Pasqua sacra tra riti e tradizioni
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