di Grazia Garlando
Vedere uno sbuffante treno d’epoca del 1927 entrare alla Stazione Centrale di Milano fianco a fianco con i convogli ultraveloci di ultima generazione mette addosso una dolce nostalgia di passato. Di ritmi lenti e piccoli piaceri da assaporare con tutta la calma possibile. Ed è proprio questo che mi aspetta con questo Slow Train Tour, un viaggio lento all’insegna di quanto di meglio natura, cultura ed enogastronomia abbiano da offrire tra Italia e Svizzera, o più precisamente tra Valtellina e Valposchiavo, due territori alpini limitrofi abbracciati in reciproche sinergie.
Tanto per cominciare, per raggiungere Tirano con questo gioiellino d’epoca ci vorranno ben tre ore e quindici minuti: un’eternità, visti i circa 150 km che separano le due località. Ma che mi gusterò fino all’ultimo secondo. Lo capisco già a pochi minuti dalla partenza, quando nello scompartimento mi viene servito un delizioso aperitivo a base di chips di bresaola, crema di latte con croccantini al grano saraceno, rocher di caprino e bresaola, polenta e latte. Poi, nel vagone ristorante raffinatamente allestito con complementi di materiale locale come legno, pietra ollare, rame e ferro battuto, una brigata di chef stellati si sbizzarrisce con piatti a base dei più tipici prodotti valtellinesi, ovviamente innaffiati da una selezione di ottimi vini locali: il grano saraceno, la bresaola, i formaggi dop Bitto e Casera, la polenta taragna, le mele, il miele, la bisciola, oltre al Nebbiolo, vitigno d’elezione anche detto “chiavennasca” da cui nascono i grandi vini locali.
Fuori dal finestrino scorrono una dopo l’altra, a una rilassante velocità di 60 km/h, le superbe vedute di Lecco, Bellano, Colico, Morbegno, Sondrio. E tra uno Sforzato e un Passito, inizia a prendere forma questo invitante progetto Valtellina Valposchiavo Expo, che in vista della grandiosa esposizione universale milanese della prossima primavera, intende dare risalto all’ottima offerta turistica ed enogastronomica dei due territori.
Alla stazione di Tirano, già a un soffio dal confine svizzero, un buffo trenino giallo mi conduce attraverso le strade del delizioso centro storico, dove i resti delle mura medievali convivono con antichi palazzi nobiliari, primo tra tutti il sontuoso Palazzo Salis, tuttora proprietà dei Conti omonimi, con la corte cinquecentesca e l’imponente scalone d’onore, il giardino interno all’italiana e la chiesetta barocca dedicata a San Carlo Borromeo, le torri e le sale con affreschi settecenteschi.
Imperdibile, però, anche una passeggiata lungo la Via dei terrazzamenti, percorso ciclopedonale in piena natura tra vigne che si inerpicano e cantine in cui riposano le rinomate DOC e DOCG locali (consigliabili le degustazioni alle cantine Rivetti&Lauro a Palazzo Torelli di Tirano e alla tenuta La Gatta a Bianzone).
Qui la tappa obbligata è il trecentesco Castel Grumello, a Montagna, che dall’alto di una rupe a strapiombo domina l’intera valle, con un colpo d’occhio assolutamente spettacolare che lo svela poeticamente tra i tralci dei vigneti. E’ un privilegio cenare nelle sue maestose sale, dove la suggestiva atmosfera di un lontano passato si sposa ancora una volta con i sapori della Valtellina, tra pizzoccheri, taroz (pietanza tipica a base di patate, fagiolini e formaggio), polenta di grano saraceno e semifreddi all’uva.
Verso la Svizzera. La piccola stazione di Tirano è il punto di partenza per un’altra spettacolare avventura: il passaggio in Svizzera a bordo del Trenino Rosso della Ferrovia Retica, meglio noto come il Trenino del Bernina.
In un percorso lungo 61 km che in due ore e mezza collega la Valtellina all’Engadina giungendo fino a St. Moritz, le eleganti carrozze panoramiche consentono un’incredibile vista a 360° su un panorama fiabesco di laghi, montagne e ghiacciai, che si apre subito dopo il celebre viadotto elicoidale di Brusio.
La mia prima tappa è Poschiavo, un piccolo borgo antico di 1700 abitanti, dove convivono la religione cattolica e quella protestante con le rispettive chiese, e dove a ogni passo si respirano storia e cultura: nella Casa Comunale con l’imponente torre duecentesca sull’ampia piazza centrale –triste teatro nel Seicento e Settecento di tanti processi per stregoneria, i cui atti sono ancora conservati in archivio-, nel vecchio monastero seicentesco delle suore agostiniane dove oggi è possibile pernottare, nel Museo del Romanticismo tedesco, negli eleganti palazzetti neoclassici (foto sotto sx) con i loro giardini, orti e frutteti costruiti dai tanti pasticceri cittadini emigrati in Europa in cerca di fortuna e poi tornati a metà Ottocento a regalare un volto nuovo alla cittadina. Per questo mi colpisce forte il confronto con Casa Tomè (foto sotto dx), un’abitazione rurale trecentesca simbolo dell’antica civiltà contadina locale (e ora appartenente al Museo Poschiavino), dove fino al 1990 hanno volontariamente vissuto le anziane sorelle Tomè in condizioni totalmente ferme al passato, senza riscaldamento né servizi igienici, dormendo in due in letti minuscoli, e con gli animali nella piccola stalla interna; gli abiti, le scarpe e la biancheria ancora allineati negli armadi, i letti rifatti e le stoviglie ordinate raccontano una storia difficile da comprendere, la storia di una vita dura ma indissolubilmente radicata nell’anima.
Il paese è ovviamente il cuore della Valposchiavo, cinquemila abitanti distribuiti tra Tirano e il passo del Bernina decisi a renderla la prima Smart Valley 100% Bio, secondo un progetto già prestabilito che ha visto la produzione agricola interna certificata bio salire già oltre il 90%. Prodotti, primo tra tutti il grano saraceno, con cui si cucinano i tanti piatti tipici: capunet (gnocchetti di farina e spinaci) e chiscioi (frittelle di grano saraceno con formaggio Casera), formaggi e insaccati di selvaggina, carne secca dei Grigioni e pasta secca, brasciadela (ciambella di segale con anice) e pane dolce alla frutta.
Salutati camosci e stambecchi, cervi e caprioli che popolano la valle, risalgo sul trenino rosso per arrampicarmi verso Cavaglia con le sue Marmitte dei Giganti, Alp Grüm, il valico del Bernina e la Diavolezza, fino a trovarmi di fronte all’imponente ghiacciaio del Morteratsch, scintillante di nevi eterne. Poi ancora Pontresina, e infine il capolinea: la mondanissima St. Moritz, pronta a festeggiare nella stagione che sta per partire i suoi 150 anni di turismo invernale con un ricco programma di celebrazioni.
La Valchiavenna. E’ il bus giallo dell’autopostale svizzero a riportarmi in Italia, passando questa volta dalla bella Valchiavenna, la parte ovest della Valtellina. A Prosto di Piuro, non lontano dal vecchio borgo distrutto da una frana nel 1618, il nobile Palazzo Vertemate mi regala l’ennesimo tuffo nella storia e nell’arte, e mi ristora con la verde e salutare vista del suo vigneto, frutteto, orto e castagneto.
I gioielli artistici non mancano neppure nel cinquecentesco centro storico di Chiavenna, ricco di antiche facciate dipinte, fontane e portali in pietra ollàre, loggiati e corti, e soprattutto dei preziosi oggetti ecclesiastici conservati ed esposti al Museo del Tesoro. Gioielli gastronomici sono invece i tipici crotti, cantine scavate nella roccia in cui anticamente venivano conservati e stagionati i prodotti. Oggi sono ristoranti caratteristici in cui degustare le specialità locali, come i gnocchetti bianchi, le costine al lavecc, la brisaola chiavennasca, i biscottini di Prosto. Ovviamente non mi resta che assaggiare tutto. Alla dieta penserò domani.
Il consiglio per dormire è il delizioso B&B Contrada Beltramelli, a Villa di Tirano (SO), una struttura in legno e pietra che riporta alla vita contadina, tanto che è possibile dormire anche nel vecchio fienile.
Le camere sono accoglienti e originalissime, e al mattino viene servita una ricca colazione a base di prodotti tipici del territorio. www.contradabeltramelli.com
Tra Valtellina e Valposchiavo, questione di Gusto
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