Per i tanti cultori del turismo ecosostenibile, la Repubblica Dominicana propone diversi itinerari ecosolidali tra le piantagioni di zenzero, cacao, caffè e canna da zucchero detti Rutas, percorsi guidati che consentono di far conoscere da vicino tutte le fasi, dalla coltivazione alla produzione, allo scopo di valorizzare i prodotti locali. Qualche esempio?
Nella provincia di Samanà la Ruta del Jengibre (via dello zenzero) prevede escursioni tra i campi in compagnia di esperti coltivatori; a San Francisco de Macorìs la Ruta del Cacao offre la conoscenza dell’intera fase di produzione, dalla raccolta al confezionamento, passando per estrazione, fermentazione ed essicazione; nelle province di Salcedo e Bonao sono sei le Rutas del Caffè, in mezzo alle montagne per garantire un clima fresco ideale per le coltivazioni; nella provincia di Hato Mayor la Ruta del Chocolate svela i segreti dei processi di coltivazione del cacao e della produzione del cioccolato.
Inoltre meritano una visita, sempre guidata, anche le numerose piantagioni di canna da zucchero tra la Romana e Bayahibe, oltre a un’altra Ruta del Cacao nella provincia di Barahona, e un tour in un’altra Ruta del Caffè presso la sierra di Bahoruco.
Ostriche, pesce crudo e tanti bocconcini gourmet: è l’aperitivo, peraltro piacevolmente prolungato visto che procede fino all’orario di chiusura, la novità estiva del ristorante milanese All’Origine, da godersi tutto all’aperto al fresco degli ombrelloni. Ve lo dico subito: qui non sembra affatto di essere al mare o in campagna. Il dehors è sul marciapiede antistante al locale, ma in uno spazio appartato e tranquillo, e l’atmosfera è quella assolutamente veritiera di una città tornata a pulsare con ritmi nuovi, dove di giorno si lavora ma alla sera si riprende fiato rilassandosi e godendosi tempo e quiete, in un piacevolissimo quadretto di autentica vita metropolitana che rappresenta proprio il suo plus. E così un animale appunto metropolitano come me non può che trovarsi perfettamente a suo agio di fronte a un calice di sublimi bollicine rosè (ma ci sono anche bianchi e rossi a stilare un’ampia lista di selezionate etichette) da sorseggiare amabilmente con un tris di piccole delizie d’autore – il giovane patron e chef torinese Fabio Titone – a sorpresa, perché variano giornalmente a seconda del suo estro: a me, per esempio, è toccato il bacio di dama cacio e pepe, l’agrodolce di verdurine con granita all’aceto di mele, il polpo con salsa verde, la focaccina con lardo di Colonnata e altre sfiziosità di sorta, accompagnate da grissini al nero di seppia e al pomodoro stirati a mano. Ma chi non ama le sorprese e preferisce sapere bene che cosa arriverà in tavola, può ordinare un tagliere di salumi della Valle di Lanzo con prosciutto di Parma, un plateau di pesce Royal con frutta, o l’evergreen ostriche e champagne, se al sapore del mare non vuole proprio rinunciare.
Quel che conta, in questo fresco e gradevole angolo cittadino, è che lo stile è sempre lo stesso del ristorante: una sperimentazione giocosa e creativa dello chef tra dolce e salato, colori e clorofille, affumicature e infusioni, arie aromatizzate e spugne alimentari, con pane e pasta rigorosamente fatti in casa. Come testimonia il nuovo menù estivo fatto di selezioni di crudi di pescato e proposte originali di primi e secondi piatti, come il cappuccino ai funghi porcini con consistenza di parmigiano, il Risotto Vialone Nano alla milanese con ostriche e Franciacorta, l’ossobuco arrosto con tartare di Fassona battuta al coltello con gelato di Parmigiano Reggiano e caviale di aceto balsamico, per citarne solo qualcuno. Tanto, dalle 18 in poi, c’è tempo per sperimentare tutto quel che si vuole.
All’Origine Via Lamarmora 36, 20122 Milano Aperto da lunedì a venerdì dalle 12.00 alle 15.00, sabato e domenica anche dalle 19.00 alle 23.00, l’aperitivo tutte le sere dalle 18.00
Ebbene sì, ne faccio parte anch’io. Faccio parte di quel 70% di donne italiane che ama immensamente la birra. Anzi, anche di quel 30% di loro che la beve almeno due volte a settimana, come emerge dall’indagine Gli Italiani e la birra di AstraRicerche per conto di AssoBirra, l’Associazione dei birrai e maltatori italiani.
Del resto sono in buona compagnia, dal momento che sono state proprio le signore le protagoniste della sua storia millenaria. Non lo sapevate, eh? Era il lontanissimo 4500 a.C, quando in Mesopotamia una donna abbandonò in uno sconosciuto villaggio tra il Tigri e l’Eufrate una ciotola d’orzo come dono propiziatorio per gli dei: esposto prima alla pioggia e poi al sole, l’orzo cominciò a fermentare, dando origine in tutta spontaneità alla prima birra della storia. Presto iniziò a venire considerata un alimento al pari del pane, e proprio le donne furono incaricate di produrla, tanto che gli strumenti e gli ingredienti per prepararla divennero immancabili perfino nel loro corredo matrimoniale, anche perché fu associata al concetto di fertilità, al rito delle messi e alle divinità femminili come Ninkasi, venerata dai sumeri e considerata dea della birra. Tempo dopo, nel 1° secolo a.C., la leggendaria Cleopatra, così amante della birra zithum da offrirne agli dei coppe della migliore qualità, grazie alle sue relazioni diplomatiche con i romani riuscì a facilitarne l’esportazione al di là del Mediterraneo, dove fino ad allora imperava il vino; ci volle un po’ per riuscire ad imporla come sua pari, ma alla fine l’impresa riuscì, tant’è che il suo nome si legò alla dea Cerere, la controparte femminile di Bacco, da cui il nome cerevisa. Nel 1100, la monaca tedesca Hildegard von Bingen sistematizzò per prima gli studi sul luppolo cominciando a impiegarlo come aromatizzante al posto delle spezie, e qualche secolo dopo nei villaggi inglesi di campagna nacque ufficialmente la figura della alewise, letteralmente birraia, che arrivò a detenere l’80% delle licenze per produrre birra. Oggi le imprese femminilirappresentano il 10.8% del comparto birrario, e le beerlovers italiane sono sempre in aumento: il 58% la beve perché ne apprezza il gusto, il 48% perché è facile da abbinare con i cibi, il 37% perché crea un clima di condivisione. E io la bevo perché mi piace un sacco, così frizzante e solare da sapere sempre d’estate…