Turismo enologico nell’astigiano, tra Vittorio Alfieri e vini eccelsi

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“Volli, volli, fortissimamente volli”: confesso che a volte, nei momenti di scoramento, ripenso a queste celebri parole di Vittorio Alfieri, che ho imparato sui banchi di scuola e non ho mai più dimenticato. E a poco a poco riprendo quota, in nome della forza e della determinazione, che, vi assicuro, spesso fanno miracoli.
E così varcare la soglia della sua casa natale color crema e porpora, vedere il grande letto rosa a baldacchino in cui è nato, aggirarmi nelle stanze in cui ha vissuto la sua infanzia fino ai cinque anni di età, mi emoziona davvero. E’ un nobile palazzo di impianto medievale nel cuore di Asti, con un cortile che sembra il proscenio di un teatro e un giardino dominato da un grande platano ottocentesco, a un passo dalla maestosa Cattedrale di Santa Maria Assunta che è la chiesa più grande di tutto il Piemonte. Ora, naturalmente, ospita la Fondazione Centro Studi Alfieriani e il Museo Alfieriano, che tra busti e ritratti, arredi e oggetti originali, racconta la sua attività di poeta e drammaturgo, e, cosa che ho apprezzato maggiormente, la sua vita di viaggiatore appassionato e instancabile che lo portò a vivere in numerose città italiane ed europee, con tanti curiosi cimeli d’epoca e interessanti manoscritti autografi sulle sue esperienze e sentimenti di viaggio.

Asti è una cittadina graziosa che si snoda tra gli antichi rioni e borghi, torri e case-fortezze, chiese e palazzi, fino ai resti delle mura del castello. Ed è proprio a ridosso di queste, al Cambiocavallo Lounge & Restaurant, ospitato all’interno dell’Hotel Castello  (piccolo hotel di charme con solo undici camere comprese suite con cucina), che fermarsi ad assaporare i grandi vini che la rendono piacevolmente nota in tutto il mondo è praticamente un must, grazie alla sua carta che sfoggia le migliori annate di Langa, Monferrato e Roero, con vini come Barbera, Dolcetto, Nebbioli, Ruchè, Arneis.
Naturalmente da abbinare a pregiati piatti tipici proposti dallo chef piemontese Pier Mario Monzeglio che utilizza creativamente materie prime e prodotti d’eccellenza locali di stagione, attraverso due percorsi degustazione, uno di carne “Tradizione Piemontese” e uno di pesce “La via del sale” (dal nome dell’antica strada su cui si portava pesce sotto sale dalla Liguria al Piemonte, soprattutto alici e baccalà) oppure una normale scelta di piatti alla carta: tra gli altri, la battuta di fassona, il bollito misto con salse e la bagna cauda, oltre alla pasta fatta in casa come i tajarin all’uovo e gli agnolotti ai tre arrosti cucinati con scorzone e malga d’alpeggio (che ancora non ho dimenticato!), e ai dolci al cioccolato, soprattutto al cucchiaio, utilizzando quello di Sao Tomé e Principe, ritenuto dagli esperti il migliore al mondo (la titolare Silvia Grosso è anche console onorario in Italia di queste piccole isole africane), e spesso lavorato e abbinato alla nocciola piemontese.

Ma non crediate che sia finita qui. Perché alla sera non potete perdervi il suggestivo Aperitower che il ristorante propone con i migliori vini del territorio e piccole prelibatezze tutti i weekend d’estate, da venerdì a domenica, sulla Torre di Barbaresco, un piccolo borgo medievale a una manciata di chilometri da Asti che conta poco più di cinquecento abitanti, situato proprio sul confine tra Langhe e Roero segnato dal fiume Tanaro. Ed è un panorama mozzafiato quello che si spalanca a perdita d’occhio su una distesa di vigne, con tanto di sfondo alpino, dalla cima della torre a trenta metri di altezza, sorta probabilmente ancora prima dell’insediamento dell’antico villaggio con funzioni di osservazione e difesa dagli attacchi nemici, quando il territorio era ancora coperto da una fitta foresta.

E per concludere in bellezza l’eccelsa esperienza turistico-vinicola, non mi sono fatta mancare una visita alle incredibili Cattedrali sotterranee delle Cantine Coppo di Canelli, un posto così sorprendente da essere stato eletto Patrimonio Unesco. Si tratta di immense cantine in tufo collegate fra loro da chilometri di cunicoli, il cui microclima conserva il prodotto nelle condizioni migliori. Tanto che alcune cavità custodiscono bottiglie così antiche da farle apparire quasi un tuttuno con la roccia, da cui un sapiente gioco di luci sembra farle emergere. Eppure perfettamente pronte a essere gustate anche all’istante.
Quando risalgo trovo ad attendermi un buon bicchiere. Non so se provenga proprio da una di queste. Ma so che è decisamente, inevitabilmente inebriante.

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