Calabria, paesaggi spirituali

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di Grazia Garlando
Una montagna in mezzo al mare, oltre che una penisola nella penisola. Sì, perché la sua area pianeggiante copre soltanto il 9% dell’intera regione. Il resto sono monti, al massimo colline. Che si gettano in acqua quasi a strapiombo lungo 780 chilometri di costa, con spiagge a tratti ampie e sabbiose, a tratti strette e rocciose, a disegnare scenari pittorici e pittoreschi. Ma che costringono lo sviluppo urbano a tenerne assolutamente conto, con tutte le difficoltà del caso. Basti pensare che le onde del mare agitato raggiungono spesso i finestrini del treno che corre sui binari tirrenici costieri, tanto per ricorrere a un’immagine che può apparire anche poetica…
Forse anche per questo la Calabria non raggiunge neppure i due milioni di abitanti. Ma quelli che ci sono, che sono rimasti, che sono tornati, ne fanno una terra davvero unica, saldamente attaccata a tradizioni e campanilismi, cucine e culture, spiritualità e religiosità. Una vocazione intima e suggestiva che, oggi più che mai, ha tanta voglia di emergere. Tanto che ha costituito anche il fulcro della XIma edizione di Aurea – Borsa del turismo religioso e naturalistico tenutasi recentemente a Paola, nel cosentino, presso il suggestivo Santuario di San Francesco. Dove ha ben spiegato Mons. Mario Lusek, Direttore dell’Ufficio per la Pastorale del Tempo Libero, Turismo e Sport della CEI: “Ogni territorio possiede impressa l’anima di chi lo ha abitato in passato lasciandone segni indelebili, un immenso patrimonio materiale e immateriale che merita di essere valorizzato. Per questo la scoperta dei suoi percorsi e significati può essere un arricchimento anche per i non credenti, tanto più che i luoghi sacri si trovano spesso in paesaggi incontaminati e incredibilmente permeati di storia e cultura”.
San Demetrio CoroneSan Francesco da Paola
Ne è un esempio l’incantevole scenario del Santuario di Santa Maria delle Armi a Cerchiara, originato da una grotta diventata nel XV secolo un eremo greco-bizantino e incastonato tra i monti dell’alto Ionio cosentino con un colpo d’occhio davvero spettacolare. Ma anche l’austera Abbazia Florense di San Giovanni in Fiore, detta “capitale della Sila” perché con i suoi 17.500 abitanti ne costituisce il centro più popolato: edificata nel XII secolo da Gioacchino da Fiore – l’abate ricordato anche da Dante Alighieri nel Paradiso della Divina Commedia – intorno al concetto della Trinità Divina, esercita un fascino sublime con le sue pareti di pietra completamente spoglie per non distrarre i fedeli dal percepire l’immensità di Dio, che contrastano con il sontuoso altare barocco in fondo alla navata. E poi c’è il fascinoso Santuario di San Francesco del 1435, il santo patrono della regione e fondatore dell’Ordine dei Minimi, di cui quest’anno ricorre il sesto centenario della nascita. Situato ai piedi dell’Appennino, a due passi dal centro storico di Paola, è immerso in un percorso verdissimo affacciato sul torrente Isca e puntellato dai luoghi dei suoi tanti miracoli come fonti, fornaci e grotte. Miracoli che decorano anche il chiostro affrescato: il principale, si dice, fu l’attraversamento dello stretto di Messina sul suo mantello steso sull’acqua, tuttora conservato in una cappella interna insieme ad altre reliquie come i calzari e perfino un dente. Mentre nella città di Paola, ex contrada agricola nobilitata proprio dalla figura del Santo, tutto parla ancora di lui, dalla sua casa natale diventata una piccola chiesetta votiva alla fontana in pietra dove troneggia la sua immagine. Per il resto, i ruderi diroccati e abbandonati del castello, scalinate a non finire e pane di Cerchiarauna spettacolare vista sul mare limpidissimo con un’ampia e lunga spiaggia turisticamente attrezzata, la più importante della cosiddetta Riviera dei Cedri, il tratto della costa tirrenica cosentina così chiamata perché in passato se ne coltivavano in quantità. Oggi i prodotti tradizionali si identificano maggiormente con il Pomodoro di Belmonte di dimensioni enormi, i fichi di Belmonte con cui si producono le tipiche crocette (fichi secchi lavorati con noci, scorza d’arancio, zucchero, cannella e liquore d’anice), il pane di Cerchiara caratterizzato da acqua e farine varie, le patate e i funghi porcini della Sila.
E se Belmonte, borgo-gioiello che non raggiunge il centinaio di abitanti nel silenzio irreale delle sue dimore abbandonate e il suo affascinante saliscendi di vicoli stretti e scalinate impervie che sfociano in una vista spettacolare sugli scogli di Isca fino alla sagoma di Stromboli, esercita un fascino fisico davvero incredibile, è altamente emozionale quello dei paesini della Sila che rappresentano il nucleo della comunità etnico-linguistica albanese rifugiatasi qui sul finire del 1400 perché cacciati dal dominio turco-rito greco bizantinomusulmano nei Balcani, con il loro saldo mantenimento della cultura arbëreshë, del rito religioso greco-bizantino tuttora praticato nelle chiese ridondanti di icone e riti sacri, della lingua e dei costumi, dei canti, danze e suoni tradizionali: si può citare per tutti il borgo di San Demetrio Corone, affacciato sulla piana di Sibari, con la sua Chiesa di San Adriano, i cui mosaici pavimentali rappresentano fortemente la lotta tra bene e male. Poi, salendo sempre più sulle alture di quella “magna silva” romana raccontata da Virgilio che costituisce l’altopiano più esteso d’Italia, dove pecore e mucche bianche se ne stanno tranquille sul ciglio della strada, si raggiunge Lorica, minuscolo villaggio turistico di duecento abitanti grazie alla bellezza dei suoi paesaggi, del lago Arvo da esplorare in canoa incastonato fra le due vette più alte dell’altipiano e della vicinanza agli impianti sciistici, anche se le temperature calabresi più basse si registrano nella zona del Parco Nazionale del Pollino.
 
Così, in questa terra di Santi puntellata di monasteri e conventi, santuari e abbazie, chiese e cattedrali, che si snoda intorno ai sette colli di Cosenza sulle cui cime fu fondata nel 356 a.C. ma dove le università sono arrivate soltanto nei nostri anni Settanta, spiritualità e natura si intrecciano e si rincorrono in un gioco incessante tra passato e presente, rendendosi inseparabili nei secoli dei secoli. A respirare l’immensità della loro potenza. E il loro mistero infinito.
Santa Maria delle ArmiSan Giovanni in Fiore
Mangiare: ottima cucina tipica locale dall’antipasto al dolce al ristorante Orto della Signora a Villapiana (CS), e al ristorante Lupus in fabula a Lorica (CS): da non perdere nel primo il gelato all’olio di origano e quello all’olio di bergamotto, nel secondo le hamburger di trota su purea di San Giovanni in Fiore 2patate al limone
Dormire: all’Hotel Best Western Premier Villa Fabiano, a Rende (CS), comodo per raggiungere agevolmente ogni destinazione e con un’ottima cucina tra tradizione e modernità
Divertirsi nella natura: al Parco Avventura Silavventura di Lorica (CS), immerso nel Parco Nazionale della Sila, tra percorsi acrobatici, sentieri barefooting per camminare a piedi scalzi su aghi di pino, pietre, sabbia, erba e corteccia, canoa sul lago Arvo e trekking tra alberi secolari, con possibilità di dormire nelle minuscole casette di legno sui rami degli alberi
Shopping: all’azienda dolciaria artigianale Colavolpe a Belmonte (CS), che produce crocette tipiche e praline di cioccolato di ogni sorta, dalle bianche alle fondenti, dalle agrumate alle fruttate e candite; al panificio Vito Elisa a Cerchiara (CS), forno storico che produce il tipico pane locale e altri eccellenti prodotti da forno

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