25 novembre 2014 – Non ama i dolci e non li sa cucinare, lo dice apertamente. Però da questa sera Caterina Balivo sarà alla guida di “Il più grande pasticcere”, cooking talent show di alta pasticceria in onda in prima serata su RaiDue, con concorrenti e giudici di eccellenza – Luigi Biasetto, Leonardo Di Carlo e Roberto Rinaldini- alla ricerca del miglior “professionista del dolce”. “Ma se cercate l’ennesimo programma di cucina cambiate canale. Qui non si impara a cucinare, si fa alta pasticceria con protagonisti di altissimo livello.” Non sei riuscita neppure a carpire qualche segreto? “Carpire sì, ma mettere in pratica è un’altra cosa! L’unico dolce che continuo a cucinare è la crostata di limone, anche se qui mi hanno detto che non mi riesce bene neppure quella.” E’ il tuo dolce preferito? “No, il mio preferito è il Tiramisu, che tra l’altro rappresenta molto la mia personalità: anche nei momenti in cui sembra che stia crollando finisco sempre per risollevarmi. Vacillo ma non mi rompo mai. Purtroppo mi è difficile trovarlo esattamente come lo vorrei: non troppo bagnato di caffè, con una panna molto leggera e senza troppo cacao sopra. Ma va bene comunque.” E’ quasi Natale e la tua Campania sfornerà dolci meravigliosi, con quali festeggerai? “Con gli strufoli, che come li fa mia mamma non li fa nessuno! E con tanti babà. Ma non mi farò mancare neanche il tradizionale pandoro. Poi, però, dopo le feste tornerò senza ombra di dubbio a un’antica abitudine.” Quale? “La palestra! In questo periodo sono stata costretta a metterla da parte per i troppi impegni di lavoro, ma con tutti questi assaggi “professionali” dovrò impormi di correre ai ripari!”
10 giugno 2014 – Al suo ultimo disco “Minoranza rumorosa“ di cui è autore, interprete e musicista, da oggi in tutti i negozi e in digital download, oltre che in tour estivo per tutta Italia, ha collaborato anche il suo carissimo amico Charlie Allen, esilarante suonatore di cornamusa che sta creando nientemeno che un villaggio medievale fortificato a DunCarron, in Scozia, dove naturalmente porterà anche la musica e la cultura tradizionale locale. Ed è qui che Danilo Sacco sogna di potersi concedere al più presto qualche settimana. In questo villaggio, e in questa parte di nord Europa che ha inspiegabilmente nel sangue. La prima volta che ho messo piede in Irlanda, precisamente a Galway, in Connemara, ho provato l’incredibile sensazione di essere a casa. Non ci ero mai stato prima, eppure mi sembrava di conoscere a fondo ogni città che visitavo, da Dublino a Cork. Chissà, magari in una vita precedente sono nato proprio lì. Ho sempre una gran voglia di tornarci. Irlanda, Scozia, Islanda…ogni Paese di quella zona è capace di stregarmi, forse perché, pur essendo sempre Europa, è una realtà decisamente diversa da quella dei popoli più latini come il nostro. Cosa ti attira particolarmente di quei posti? Tutto, ma non nego che un gran ruolo lo giochi la cucina. Lì ho mangiato i migliori tranci di salmone della mia vita, delle minuscole e irresistibili ostriche, e un delizioso Irish Stew (il tipico stufato di montone locale) cucinato con la Guinness. E non c’è stato un pub in cui non mi sia concesso regolarmente quella che veniva chiamata semplicemente “zuppa del giorno”: non ho mai saputo cosa ci fosse dentro, magari anche gli avanzi del giorno prima, eppure ogni volta era spettacolare. Quindi non sei d’accordo con chi sostiene che lì non si mangia bene? Premesso che la cucina italiana resta indubbiamente la migliore del mondo, io trovo che si mangi bene ovunque, purché si sia disposti a provare i piatti tipici locali. Ed è quello che io faccio sempre e dovunque. Non bisogna avere paura di assaggiare. Come dice il critico gastronomico statunitense Andrew Zimmern, “se vi sembra buono, mangiatelo”.
di Grazia Garlando 8 gennaio 2016 – Doveva essere una conferenza stampa. E invece si è trasformata da subito in un vero e proprio happening. Fin da quando i due mattatori hanno fatto il loro ingresso in sala distribuendo ai giornalisti chiavette USB graziosamente confezionate in involucri bianchi come bomboniere. Del resto, nessuno dei presenti aveva alcun dubbio, considerato che si era al cospetto di due personalità mica da poco, come quelle di Claudio Baglioni e Gianni Morandi. Due professionisti navigati, due cuori entusiasti, due anime belle. L’occasione è l’annuncio del proseguimento del fortunatissimo progetto “Capitani Coraggiosi”, vale a dire i dodici concerti-evento romani tenuti a settembre all’Arena del Foro Italico, con un successo a dir poco travolgente. E quindi anche per questo nessuno dubitava minimamente del rapido arrivo della part two. Che adesso, però, si amplifica in un tripudio di date su e giù per l’Italia in continuo aumento per l’enorme richiesta (sono già stati venduti oltre 105.000 biglietti e arrivano inviti anche dall’estero), nel doppio album dal vivo in uscita il 5 febbraio Capitani Coraggiosi – Il Live (Sony Music) realizzato durante gli show romani e disponibile in tre versioni (classica, deluxe con prove in studio e dvd, vinile), e perfino nel programma radiofonico #RadioCapitaniCoraggiosi, in diretta su RTL 102.5 da stasera per cinque venerdì dalle 19 alle 21, naturalmente audio e video, nel quale i due chiacchierano, cantano, rispondono alle telefonate e improvvisano a più non posso. Insomma, i Capitani Coraggiosi salperanno il 19 febbraio da Padova, ma non si sa quando toccheranno nuovamente terra. “Del resto – sottolinea Baglioni – questo tour non è solo un impegno professionale, ma un vero e proprio viaggio umano”. Un viaggio che li ha portati alla scoperta personale l’uno dell’altro, facendo crescere tra loro un’amicizia forse perfino inaspettata, e che dietro all’ironia e agli straletti di facciata nasconde, neanche tanto bene, una meravigliosa complicità. “Dopo una vita da colleghi, ho finalmente conosciuto l’uomo Claudio, rispettoso, generoso e premuroso – conferma Morandi – Non che l’artista sia da meno: all’inizio di questa avventura pensavo “ok, lui scriverà anche dei testi incredibili, ma io sono un cantante e me lo mangio in un attimo”. Chi avrebbe mai immaginato che avesse una vocalità e un’estensione di quel genere?”
“Lui invece è indistruttibile, credo che esista da prima del Big Bang – replica Baglioni – Gli invidio molto la vivacità e l’energia: alle sette del mattino va sempre a correre le sue mezze maratone, come se i concerti non fossero già abbastanza. E sarebbe capace di restare sul palco per ore a salutare i fans uno per uno. Ma intanto io mi sono finalmente tolto un’enorme soddisfazione: nel 1970 avevo scritto proprio per Gianni la canzone “Chissà se mi pensi”, ma lui non l’ha voluta incidere e io ci sono rimasto malissimo. Il fatto che adesso si trovi a cantare oltre una ventina di pezzi miei è una bella rivincita. Ha perfino promesso che adesso scriverà i miei prossimi brani”.
“Sì, ma intanto tra un anno e mezzo farò un disco nuovo e busserò sicuramente alla sua porta per farmi scrivere qualcosa. Anche se una delle difficoltà maggiori che ho incontrato sono state proprio le sue canzoni, molto più difficili delle mie, con tutte quelle parole…” ribatte Morandi. Che improvvisamente si dilegua, per ricomparire un istante dopo con in mano due chitarre. Non importa che in questo momento si trovino nella piccola sala di un hotel milanese, invece che sui grandi palchi di arene e palazzetti circondati da musicisti e tecnologia: hanno una gran voglia di cantare. E di divertirsi. E così i giornalisti si ritrovano, invece che a porre domande, a cantare insieme a loro pezzi inossidabili ancora e sempre da brivido, come E tu come stai?, Scende la pioggia, Poster, scivolando poi via via sulle note trascinanti di Andavo a cento all’ora e W l’Inghilterra, Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte e Porta Portese. Non c’è dubbio che il vero spettacolo siano loro, con il loro entusiasmo e la loro vitalità, con quelle voci così diverse che si fondono in contrasti spesso improbabili quanto accattivanti, con i loro brani immortali che hanno scritto una parte tanto importante della storia della musica italiana. Due ragazzi irresistibili che dopo cinquant’anni di carriera sono ancora capaci di divertirsi, di emozionarsi, di sperimentarsi. E che il pubblico non può fare a meno di riconoscere ancora e sempre. Loro provano a spiegarlo così: “Abbiamo vissuto il momento migliore della musica, che vedeva in pista anche nomi come Beatles, Rolling Stones, Bob Dylan. Fare musica significava avere una bella intuizione melodica, cantarla e suonarla. Le nostre canzoni fanno parte della memoria collettiva, le mamme le hanno insegnate ai figli. Forse non è più arrivato niente di tanto dirompente da cancellare quello che è stato”.
Poi attaccano Se perdo anche te. E questa insolita conferenza stampa termina immancabilmente con una sentita standing ovation. Oltre che con un brindisi beneaugurale, che accompagna i Capitani Coraggiosi a prendere nuovamente il largo. Foto di Angelo Trani