2 dicembre 2016 – Se c’è uno che non riesce a stare fermo troppo a lungo nello stesso posto è proprio lui. Si muove continuamente tra Italia e estero, si ferma un po’ dove sente di dover vivere e lavorare in quel momento, poi torna, riparte. Sempre guidato da quell’intenso legame tra inquietudine e passione che lo caratterizza e che ne ha fatto uno degli artisti più interessanti e coinvolgenti degli ultimi anni.
Adesso, per esempio, dopo dieci anni di frequentazione, si è scoperto perdutamente innamorato di Los Angeles. E’ lì infatti che ha registrato gran parte del suo ultimo album Il mestiere della vita (Universal), da oggi in tutti i negozi di dischi e store digitali, che torna a guardare alle sue origini come un novello inizio tra liriche e melodie, allargandosi però anche all’universo pop. E con cui dal prossimo mese di giugno sarà in tour negli stadi di tutta Italia. Un amore imprevisto che tiene molto a dichiarare già dalla cover: una ricostruzione urbana surreale liberamente ispirata alla cosiddetta “città degli angeli”.
Amo questa copertina perché rappresenta con uno scatto tutto il percorso che mi ha portato a realizzare questo nuovo album, di cui Los Angeles è diventata inaspettatamente lo scenario. Cosa che non avrei mai detto.
Perché?
La prima volta che ci sono andato avevo poco più di vent’anni. Amavo le città di provincia come la mia, dove sembrava di essere in un grande villaggio in cui camminare e trovare sempre punti di riferimento. Lì invece era proprio il contrario: non c’era un centro storico, un punto in cui ritrovarsi, ed era sempre tutto troppo distante. E’ stato un vero e proprio scontro culturale.
Poi cos’è cambiato?
Ci ho messo dieci anni a capire questa metropoli che adesso adoro, a smettere di odiarla e a decidere addirittura di prenderci casa. Perché più che una città è un luogo, dove, diversamente dall’Italia, si parla poco e si agisce molto, senza perdere tempo. E ho capito che se hai voglia di fare qualcosa, lì la puoi fare. A patto di esporti, di esserci. Era proprio questo a spiazzarmi all’inizio.
In che senso?
Ero chiuso nel mio mondo musicale che mi faceva sentire protetto e in cui non volevo lasciar entrare nessuno, quindi non volevo fare niente di quello che mi veniva proposto, collaborazioni, interscambi. Tanto più che il pop americano era molto lontano dal mio stile. Poi, poco a poco, ho scoperto che mi sbagliavo. O almeno, che stavo esagerando. Troppo spesso la paura è una cattiva consigliera, e finalmente sto imparando lentamente a riderle addosso. Perché mi sono reso conto di avere molto bisogno di confronto per capire quello che faccio, e quanto sia difficile per me esistere come isola. Anche per questo ho tirato un po’ il freno a mano.
Spiegati meglio…
Adoro andare in tournèe, sono certo che anche la prossima sarà divertente anche perché riproporrò tutto il mio passato. Ma quando mi sono reso conto che in tanti concerti dall’altra parte del mondo non c’era nessuna di quelle persone che avrei voluto accanto per condividere la mia gioia, ho deciso di rallentare il ritmo della mia vita, anche a costo di perdere qualcosa. Infatti tengo molto a specificare che, per quanto adori Los Angeles e sia entusiasta di vivere questa nuova esperienza, non mi ci sono trasferito: la mia casa è sempre in Italia. Vado e torno perché non so stare fermo, ma il mio Paese non lo lascio.