Un sapiente gioco di luci e dissolvenze per creare un ambiente interattivo e teatrale, una finestra sul tempo per raccontare l’atmosfera degli spettacoli e dei concerti, le emozioni e gli scenari del celebre “Festival dei Due Mondi” di Spoleto, diretto per quasi mezzo secolo dal Maestro Gian Carlo Menotti: in occasione del centenario della sua nascita, la casa-torre medievale affacciata su piazza Duomo in cui ha vissuto e ideato la grande manifestazione culturale, è ora, grazie alla Fondazione Monini, sede ufficiale del Centro di Documentazione Multimediale Festival dei Due Mondi, allo scopo, attraverso un ricchissimo archivio audio, video e fotografico, di trasmetterne l’importanza e la magia.
Aperto gratuitamente al pubblico, il Centro espone oltre 10.000 foto digitalizzate, 300 video e tutti i souvenir e i manifesti del Festival, consultabili con un semplice tocco.
E a testimonianza della sua centralità nella storia della cultura italiana, è arrivato perfino l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica, oltre all’inserimento nel prestigioso Circuito Museale della città di Spoleto.
Un itinerario cittadino nei luoghi citati, amati e vissuti da Dante Alighieri. E’ l’omaggio di Firenze al 750° anniversario della nascita del Sommo Poeta, per ripercorrerne l’opera di letterato, l’impegno politico e la vita privata. Si parte naturalmente dal Museo Casa di Dante, nel cuore medievale della città dove sorgevano i palazzi di proprietà della famiglia Alighieri, che lo racconta attraverso documenti e reperti, e approfondisce le tematiche della Divina Commedia. Poco più in là, la pittoresca chiesetta di Santa Margherita de’ Cerchi, soprannominata Chiesa di Dante perché si dice che fu il luogo del suo primo incontro con l’amata Beatrice Portinari, ritratto in un’opera posta proprio al suo interno; secondo la tradizione la tomba di lei si trova qui. Altre fonti invece collocano quel primo incontro all’abbazia benedettina Badia Fiorentina, situata poco distante. Per raggiungerla basta oltrepassare Piazza della Trinità, dove esplose la celebre baruffa fra Cerchi e Donati citata nella Divina Commedia. Ancora pochi passi ed ecco la superba Basilica di Santa Croce nell’omonima piazza, che ospita un maestoso monumento funebre in onore a Dante, mentre all’esterno s’innalza una sua statua celebrativa realizzata dallo scultore ottocentesco Enrico Pazzi. Vicinissima, l’ex Chiesa di San Pier a Scheraggio, dove si svolgevano le riunioni dei Consigli del Comune e dal cui pulpito tenne discorsi anche il Poeta; al suo interno è conservato il ciclo degli affreschi degli “Uomini Illustri”, che ritrae infatti anche lui.
A Ponte Vecchio, infine, s’incontra la cosiddetta Pietra Scema, come fu soprannominato da Dante il busto di Marte consunto dal tempo posto a un capo del ponte, e dove ebbe luogo l’assassinio di Buondelmonte de’ Buondelmonti, raccontato nella Divina Commedia. L’itinerario rientra in un fitto calendario di eventi e festeggiamenti tematici fatti di convegni, lectiones magistrales, letture, incontri e sfilate. Che dureranno per l’intero anno. Tanto merita il Sommo Poeta. In occasione dei 750 anni dalla nascita di Dante Alighieri, l’1 e il 2 ottobre debutta al LAC–Lugano Arte e Cultura della città svizzera Teen Dante – Farei parlando innamorar la gente, musical liberamente ispirato alla sua Vita Nova scritto e diretto da Mariella Zanetti, con musiche originali di Giovanni Santini che oscillano tra pop, rock, jazz e quartetto classico, con orchestra dal vivo e un cast di giovani attori in arrivo dalle scuole della grande prosa. “Ho voluto reinterpretare la vicenda di un diciottenne di grande talento ma ancora incapace di farlo emergere a causa delle insicurezze e delle asprezze della sua giovane età -spiega l’autrice- In fondo, potrebbe essere la storia di qualunque adolescente, in qualunque epoca.”“Infatti i suoi idoli sono i poeti del suo tempo, come Guido Cavalcanti, ma quando viene invitato a confrontarsi con loro resta deluso – sottolinea Valentino Mannias, che interpreta il ruolo di Dante e che questa estate ha vinto il Premio Hystrio alla Vocazione- e comunque è quando si innamora che inizia veramente a creare, anche se è un amore che vive solo nell’immagine”.
di Grazia Garlando 29 novembre 2012 – Saporiti viaggi culturali nell’istituzione cardine dell’ebraismo, lo Shabbat, ovvero la tradizionale festa del riposo della religione ebraica: è la proposta del ristorante kosher Re Salomone, a Milano, che organizza periodicamente interessanti e gradevoli cene-incontro dal titolo “Gustando lo Shabbat”, interpretate, spiegate e cantate da un rabbino che coinvolge attivamente i commensali per illustrare la tradizionale cena della serata festiva, ricreando la reale tavola e atmosfera che hanno luogo ogni settimana nelle case delle famiglie più osservanti.
Lo Shabbat ha inizio con il tramonto del venerdì e termina al tramonto di sabato, secondo i consueti parametri della giornata ebraica che la collocano, invece che tra una mezzanotte e l’altra, tra i due calar del sole. E a quel punto tutto, in casa e in tavola, deve essere pronto, perché poi non si potrà più compiere alcuna azione creativa: cucinare (i cibi, preparati precedentemente, verranno mantenuti caldi e fragranti su una piastra), lavorare, fare i compiti, scrivere, ascoltare musica, fino addirittura a guidare l’auto, telefonare, accendere la tv e perfino la luce.
Fuori il mondo esterno, dentro la famiglia. Perché è qui che inizia a manifestarsi il significato profondo dello Shabbat, religioso sì, ma anche familiare, sociale e psicologico: 26 ore da dedicare interamente ai rapporti umani e personali, cominciando proprio dalla cena con i propri cari.
Lo Shabbat è una regina che entra in casa e vi regna per l’intera giornata. Appena prima del suo arrivo la padrona di casa, pregando per i familiari, accende le candele che, uniche, illumineranno la cena. Poi, tutti insieme per aprirsi reciprocamente l’uno all’altro, ed elegantemente vestiti, un canto dedicato agli angeli, Shalòm ‘alekhèm, per determinare il loro influsso sulla settimana a venire: secondo la tradizione ebraica, infatti, due angeli, uno positivo a destra e uno negativo a sinistra, accompagnano ogni persona per tutta la vita.
Un secondo canto, Eshet Khàyil, questa volta ringraziamento alla donna virtuosa che ha trascorso la giornata a preparare la cena per tutti, e poi, radunati intorno al tavolo, è il momento del Kiddush, la preghiera di santificazione recitata dal capofamiglia che benedice anche le hallah (il tipico pane del Sabato a forma di treccia, che resta coperto fino a inizio cena affinché non ne sia sminuita l’importanza), e accompagnata da un bicchiere di vino (considerato la bevanda più pregiata e per questo scelto per iniziare la cena) in un apposito calice, da cui tutti i presenti verseranno nel proprio bicchiere d’argento. Ognuno beve.
Ed è allora che può davvero cominciare la cena, ma solo dopo essersi lavati le mani, obbligatorio prima di toccare finalmente il cibo, che per l’occasione prevede un primo piatto di pesce seguito da uno di carne, una pietanza in più rispetto al solito. Oltre a molte altre portate, diverse da quelle consumate gli altri giorni. La tavola dello Shabbat è abbondante e gustosissima, perché l’obiettivo è anche e soprattutto il piacere di stare insieme, con ricette tipiche e antichissime del mondo sefardita.
La cena termina con l’ultima benedizione, ringraziamento a Dio per il cibo di cui si è potuto disporre. Il prossimo appuntamento con “Gustando lo Shabbat” al ristorante Re Salomone è fissato per mercoledì 5 dicembre; per ricreare al meglio l’atmosfera della festa i posti sono limitati, quindi è consigliata la prenotazione (tel. 02.4694643, info@resalomone.eu)