Quando si pensa alla Liguria la mente corre inevitabilmente alle sue tante località balneari che orlano l’intera riviera, dai borghi gioiello delle Cinque Terre al glamour di Portofino, dall’eterna primavera di Sanremo alle casette colorate di Camogli. Io invece ho scoperto Genova e il suo inaspettato entroterra. E mi sono accorta di quante meraviglie naturali possano coesistere in un arco di poche decine di chilometri. Di quanti modi di vivere, tradizioni, cibi, panorami e caratteri possano alternarsi in quel ristretto corridoio ligure che passa dal mare alla montagna, dal caldo al freddo, dalla vivacità al silenzio nello spazio di un attimo, ribaltando completamente ogni prospettiva.
Non che a Genova non fossi mai stata, anzi. Ma questa volta ho lasciato perdere l’Acquario e il Porto Antico, la Lanterna e il Palazzo Ducale, il Teatro Carlo Felice e il Mercato Orientale della centralissima via XX Settembre ricco di eccellenze alimentari locali, il Palazzo Reale che ora ospita la Galleria Nazionale e il verde Parco Urbano delle Mura, il sistema di mura e forti sei e settecenteschi che proteggevano la città abbracciandola tutta. E mi sono messa a gironzolare nel dedalo misterioso e affascinante dei tradizionali caruggi, alla scoperta della sua anima più autentica e segreta. Scoprendo che tra vicoli e piazzette medievali puntellate da una quantità di edicole votive dedicate alla Santa Vergine, esistono ben trentadue cosiddette “botteghe storiche”, le cui attività si tramandano nel tempo di padre in figlio, e che conservano ancora immutati arredi e macchinari dei primi anni di vita. Sono farmacie e pollerie, pasticcerie e macellerie, barberie e tripperie, dalle cui vetrine fanno capolino caramelle al rosolio e mezzeri (tradizionali tessuti locali per la casa), gioielli d’argento e oggetti di sughero. E cedo alla tentazione di un irresistibile Falstaff, cornetto ripieno di crema alla nocciole e ricoperto di glassa che una di queste botteghe, abitualmente frequentata da Giuseppe Verdi durante le sue permanenze nel capoluogo ligure, aveva creato apposta per lui.
Pochi passi e mi imbatto nella casa natale di Giuseppe Mazzini, attuale sede del Museo del Risorgimento, che conserva il manoscritto originale dell’Inno di Mameli. Mentre che la piccola abitazione nei pressi di porta Soprana sia la casa di Cristoforo Colombo, pare sia solo frutto della leggenda popolare. Tra le torri e i portici in pietra grigia – la tipica “pietra di promontorio” locale reperibile nelle montagne alle spalle della città – che un tempo ospitavano le antichissime botteghe artigiane, poi chiusi per la necessità di ricavarne nuovi spazi abitativi, si ergono anche i prestigiosi Rolli, cinquecenteschi palazzi nobiliari privati in cui, al tempo dell’antica Repubblica, i proprietari erano tenuti a ospitare alte personalità giunte in città per visite ufficiali: da allora ne sono rimasti ottantacinque, quarantadue dei quali, dopo il restauro, sono stati proclamati Patrimonio dell’Umanità Unesco. Attualmente ospitano sedi istituzionali come l’Università, il Municipio e la Camera di Commercio, ma molti sono abitati privatamente. E Patrimonio Unesco è anche la cinquecentesca via Garibaldi, sorta ai confini della città medievale secondo le antiche modalità di espansione che tagliavano in due le colline sovrastanti, conferendo a Genova la verticalità che la contraddistingue tra scalinate e creuze (viottoli strettissimi che fendono verticalmente le colline), rendendo indispensabile percorrerla con ascensori liberty e funicolari che qui fungono da mezzi pubblici esattamente come gli autobus e la metropolitana.
Passo davanti alla centralissima Cattedrale di San Lorenzo a strisce bianche e nere, con la sua facciata riccamente decorata, e decido di andare finalmente a respirare un po’ di mare. L’ampio lungomare cittadino, costeggiato da ville signorili che si affacciano sulle spiagge attrezzate, parte dalla Fiera – collocata nel punto in cui il torrente Bisagno si getta nel mare- e prosegue per ben cinque chilometri fino a Boccadasse, delizioso borgo di pescatori con vista sul Monte di Portofino, dove le sfumature del mare sono tante quante i colori pastello delle sue caratteristiche abitazioni arroccate tra salite e discese, vicoletti e scalinate. Siamo sempre in città, eppure questo minuscolo e incantevole angoletto di mare con la sua spiaggetta di ciottoli, dove Gino Paoli era rimasto tanto colpito dalla celebre gatta con la macchia nera sul muso, sembra essere fuori dal mondo. Anche per questo non mi aspettavo proprio che, spingendomi a soltanto una trentina di chilometri verso l’interno, panorami e temperature sarebbero cambiati radicalmente.
In pratica, un passaggio repentino dall’ambiente marino a quello decisamente montano del Parco naturale regionale dell’Antola, nel cuore dell’Appennino Ligure tra le alte Valli Scrivia e Trebbia, dove sentieri e mulattiere si rincorrono tra il monte omonimo e il lago del Brugneto, le cui acque giocano magicamente con i raggi del sole cambiando colore a seconda delle ore del giorno. Un crinale verde ampiamente popolato da cinghiali e caprioli, volpi e civette, lepri e falchi, e perfino dai lupi, come mi raccontano Francesca e Mauro, i titolari dell’accogliente B&B Villa Tiffany in cui soggiorno, che organizzano per i loro ospiti fascinose uscite notturne alla ricerca delle loro sagome e voci, oltre a quelle dei combattimenti dei daini in amore. Puntellato da antichissimi borghi contadini che ostentano ancora orgogliosamente le tracce di un passato rurale fatto di lavoro e di fatica, di prodotti della terra e di piccolo artigianato.
Resto letteralmente incantata da Pentema, il più antico di tutti, un pugno di case e di vicoli rimasto praticamente come ai tempi delle sue origini quattrocentesche, e talmente arroccato sulla montagna da costringere gli abitanti dell’epoca contadina a sposarsi tra loro perché impossibilitati a scendere fino in città a causa dei lunghi e rigidissimi inverni. Oggi a viverci sono soltanto in sette, anche se a dicembre viene invaso da una folla di visitatori richiamati dallo spettacolare Presepe a grandezza naturale che viene allestito per le strade attraverso scene di antica vita quotidiana. Ma c’è anche Tonno che di abitanti ne ha meno ancora, Senarega con il suo castello che sta tornando a rivivere, Montebruno con il suo santuario quattrocentesco eretto a ricordo della miracolosa apparizione della Vergine e il museo di cultura contadina pieno zeppo di testimonianze di vita e lavoro di tempi neanche troppo lontani.
Terre ricche di tradizioni come quella dolcissima del canestrelletto di Torriglia, biscotto tipico che simboleggia il paese tanto quanto la leggendaria “bella di Torriglia” raffigurata in un enorme dipinto presso la sua casa natale; dell’acqua di rose della Val Scrivia, delizioso sciroppo fatto con petali, zucchero e limone da diluire in acqua fresca oppure nel vino bianco come aperitivo, grazie alla coltivazione in loco di tante varietà di rose con cui si producono anche cosmetici e confetture; della fiera di Montebruno dove troneggiano stoccafisso e funghi porcini. Terre con una personalità ruvida e un’anima appassionata, con le radici salde e il cuore che vola.
Dormire: all’accogliente B&B Villa Tiffany a Santa Maria del Porto – Torriglia, che organizza per i suoi ospiti suggestive escursioni naturalistiche, come quella alla ricerca dei combattimenti dei daini in amore o quelle notturne per avvistare e ascoltare i lupi.
Mangiare: tutto il meglio della cucina ligure tradizionale nella calda atmosfera casereccia della Trattoria Il Pioppo di Senarega – Valbrevenna e della Nuova Locanda al Pettirosso di Pentema – Torriglia, e al raffinato Cambi Cafè di Genova dove si mangia tra gli affreschi di Bernardo Strozzi.
Shopping goloso: canestrelletti e altri dolci tipici alle pasticcerie artigianali Guano e La Nuova Torrigiana di Torriglia, a cavallo tra tradizione e creatività.
Ogni altra info su: www.turismoinliguria.it; www.tralantolaeilmare.org