Shabbat, cena rituale nella festa del riposo ebraico

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di Grazia Garlando
29 novembre 2012 – Saporiti viaggi culturali nell’istituzione cardine dell’ebraismo, lo Shabbat, ovvero la tradizionale festa del riposo della religione ebraica: è la proposta del ristorante kosher Re Salomone, a Milano, che organizza periodicamente interessanti e gradevoli cene-incontro dal titolo “Gustando lo Shabbat”, interpretate, spiegate e cantate da un rabbino che coinvolge attivamente i commensali per illustrare la tradizionale cena della serata festiva, ricreando la reale tavola e atmosfera che hanno luogo ogni settimana nelle case delle famiglie più osservanti.
Lo Shabbat ha inizio con il tramonto del venerdì e termina al tramonto di sabato, secondo i consueti parametri della giornata ebraica che la collocano, invece che tra una mezzanotte e l’altra, tra i due calar del sole. E a quel punto tutto, in casa e in tavola, deve essere pronto, perché poi non si potrà più compiere alcuna azione creativa: cucinare (i cibi, preparati precedentemente, verranno mantenuti caldi e fragranti su una piastra), lavorare, fare i compiti, scrivere, ascoltare musica, fino addirittura a guidare l’auto, telefonare, accendere la tv e perfino la luce.
Fuori il mondo esterno, dentro la famiglia. Perché è qui che inizia a manifestarsi il significato profondo dello Shabbat, religioso sì, ma anche familiare, sociale e psicologico: 26 ore da dedicare interamente ai rapporti umani e personali, cominciando proprio dalla cena con i propri cari.
Lo Shabbat è una regina che entra in casa e vi regna per l’intera giornata. Appena prima del suo arrivo la padrona di casa, pregando per i familiari, accende le candele che, uniche, illumineranno la cena. Poi, tutti insieme per aprirsi reciprocamente l’uno all’altro, ed elegantemente vestiti, un canto dedicato agli angeli, Shalòm ‘alekhèm, per determinare il loro influsso sulla settimana a venire: secondo la tradizione ebraica, infatti, due angeli, uno positivo a destra e uno negativo a sinistra, accompagnano ogni persona per tutta la vita.
Un secondo canto, Eshet Khàyil, questa volta ringraziamento alla donna virtuosa che ha trascorso la giornata a preparare la cena per tutti, e poi, radunati intorno al tavolo, è il momento del Kiddush, la preghiera di santificazione recitata dal capofamiglia che benedice anche le hallah (il tipico pane del Sabato a forma di treccia, che resta coperto fino a inizio cena affinché non ne sia sminuita l’importanza), e accompagnata da un bicchiere di vino (considerato la bevanda più pregiata e per questo scelto per iniziare la cena) in un apposito calice, da cui tutti i presenti verseranno nel proprio bicchiere d’argento. Ognuno beve.
Ed è allora che può davvero cominciare la cena, ma solo dopo essersi lavati le mani, obbligatorio prima di toccare finalmente il cibo, che per l’occasione prevede un primo piatto di pesce seguito da uno di carne, una pietanza in più rispetto al solito. Oltre a molte altre portate, diverse da quelle consumate gli altri giorni. La tavola dello Shabbat è abbondante e gustosissima, perché l’obiettivo è anche e soprattutto il piacere di stare insieme, con ricette tipiche e antichissime del mondo sefardita.
La cena termina con l’ultima benedizione, ringraziamento a Dio per il cibo di cui si è potuto disporre.
Il prossimo appuntamento con “Gustando lo Shabbat” al ristorante Re Salomone è fissato per mercoledì 5 dicembre; per ricreare al meglio l’atmosfera della festa i posti sono limitati, quindi è consigliata la prenotazione (tel. 02.4694643, info@resalomone.eu)

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